Gli schieramenti sono ai blocchi di partenza e il terzo polo non c’è. Dopo l’intesa nel centrodestra sui tre cardini di programma -difesa dell’Ucraina in politica estera, presidenzialismo e autonomia differenziata in politica interna- anche il centrosinistra gioca le sue carte: piena conferma dell’agenda-Draghi, ossia attuazione del Piano di ripresa ed energie rinnovabili. E poi diritti civili e ius scholae.
Per l’alleanza con Giorgia Meloni in prima fila verso Palazzo Chigi la scelta atlantica è una rassicurazione per l’Europa e l’impegno al cambiamento costituzionale non solo una bandiera da sventolare.
Per introdurre l’elezione diretta del capo dello Stato è sufficiente, oltre che necessaria, la maggioranza assoluta dei voti parlamentari che i sondaggi non escludono. Se a questo si aggiunge la volontà di affidare nuovi poteri alle Regioni che lo richiedono -in particolare il Veneto e la Lombardia-, ecco che il programma prende la forma delle “proposte realizzabili”, secondo la definizione data dagli alleati stessi.
Altrettanto propositivo vuole essere l’accordo elettorale siglato nel centrosinistra fra Enrico Letta, Carlo Calenda e Benedetto Della Vedova. Non è il “campo largo” evocato dal leader del Pd -e impedito dall’impossibilità di intese col M5S-, ma una virata verso un’area lontana dalla sinistra ideologica. Che infatti protesta. Fratoianni (Sinistra italiana) e Verdi: “Per noi accordo non vincolante”.
La mossa del Pd punta a contendere la vittoria del centrodestra annunciata dai sondaggi. Anche se la prima e più vistosa conseguenza del 70 per cento dei candidati nell’uninominale al Pd e del 30 ad Azione, cioè l’accordo, è la fine d’ogni illusione di un polo autonomo tra i due fronti. Salvo sorprese, resta al solo Matteo Renzi di inseguire una difficile terza via al bipolarismo e alla pasticciata legge elettorale.
Adesso sono due le grandi incognite per le coalizioni contrapposte: la prova del governare per cartelli che oggi si mettono insieme per ragioni solo o soprattutto elettorali. E le scelte dei cittadini il 25 settembre, un autunno che si prospetta caldo per aumenti e problemi.
La testa spensierata degli italiani in ferie non sarà la stessa di quella impegnata nel dopo-vacanze, specie negli ultimi dieci e decisivi giorni di campagna elettorale, come avvertono gli esperti.
I partiti il consenso dovranno guadagnarselo. E dopo i 17 mesi di Draghi la fatica per ottenerlo dovrà essere più intensa di prima.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi