Quando Virginia Raggi vinse a furor di popolo romano, la sfida che l’attendeva al Campidoglio era piuttosto chiara. Roma veniva da un disastro amministrativo dopo l’altro, culminato perfino in un’inchiesta giudiziaria il cui nome diceva tutto: mafia capitale. Per questo la giovane candidata dei Cinque Stelle fu eletta con un voto trasversale e anti-ideologico da parte di cittadini che volevano prima di tutto ritrovare il decoro della loro città ferita e degradata come mai era accaduto.
Ma il successo della Raggi era anche l’occasione perché il movimento fondato e ispirato da Beppe Grillo dimostrasse sul campo, e non più nelle piazze vere della gente o virtuali di internet, quanto fosse diverso rispetto al resto della screditata politica. Non, dunque, una ripicca civica di abitanti che non ne potevano più e si sarebbero accontentati di strade pulite e di conti in regola, ma anche una prova generale per l’Italia: oggi il Campidoglio e domani, chissà, Palazzo Chigi. Perché Roma non è soltanto il centro delle beghe politiche nazionali. Roma è anche la culla della Chiesa cattolica. E’ da sempre il luogo dove tutte le strade del mondo portano. E’ la città che ha ospitato le Olimpiadi del 1960 e potrebbe ospitare quelle del 2024. Qui non attecchisce la perenne lite da cortile tra guelfi e ghibellini. Qui il sindaco ha o dovrebbe avere l’autorevolezza e la credibilità di un’Istituzione fra le più alte, perché rappresenta la capitale d’Italia e si presenta con occhi particolari al mondo. Perciò la polemica furente che è esplosa all’interno dell’amministrazione con ben cinque dimissioni fra membri della giunta e dirigenti delle municipalizzate -di fatto la prima seria crisi per la Raggi, e a poche settimane dall’insediamento- diventa una cartina di tornasole.
O la giunta grillina più rilevante d’Italia dimostra con nomi di rilievo e scelte rigorose che la musica è cambiata, oppure saranno gli elettori a cambiare presto spartito. I Cinque Stelle sono stati premiati perché molti italiani li hanno visti come l’ultima spiaggia di un impegno politico e amministrativo, gente lontana dal Palazzo che era giusto mettere alla prova: vediamo pure che sanno fare. Ma se alla prima controversia i Raggi del sole si rannuvolano, e tutto finisce come nella vecchia osteria della politica dove ognuno accusa l’altro di qualcosa e nessuno decide, e quando decide lo fa male (ogni riferimento all’indecoroso balletto sulle importanti Olimpiadi a Roma è voluto), il rischio non è d’assistere alla solita bega municipale. Se non brillano a Roma, le Cinque Stelle non brilleranno più.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi