Sembra il titolo di un film e, del resto, la trattativa è ormai diventata un cinema: “Ventiquattro ore per un governo”. L’ultima richiesta di Salvini al Quirinale, spalleggiata da Di Maio, cioè dall’interlocutore con cui il leader della Lega -e del centrodestra- spera di dar vita a un esecutivo a tempo quasi scaduto, può rivelarsi il colpo di scena.
Perché Forza Italia, finora il grande escluso e il grande ostacolo dall’anomala intesa, dà il via libera: i due vincitori del 4 marzo, Di Maio e Salvini, s’accordino pure tra loro. Berlusconi non si metterà di traverso al tentativo dell’unico “governo politico” possibile in questa legislatura che fatica a prendere il largo. Nessun veto e nessun voto, è la scelta con cui il Cavaliere concede il suo imprescindibile anche se non entusiastico assenso. Nel senso che non si opporrà alla nascita di un esecutivo Lega-Cinque Stelle, ma non gli darà il voto di fiducia in Parlamento. Se i fatti seguiranno alle intenzioni, può essere la svolta, dopo sessantacinque giorni di stallo.
Messi davanti al bivio di Mattarella del “governo neutro” oppure “elezioni”, Salvini e Di Maio sono tornati precipitosamente in scena per recitare un ruolo da protagonisti. L’ultimo rimasto. Forse hanno compreso che il loro capriccioso comportamento rischiava di trasformarsi in boomerang. E’ vero che il prospettato “governo neutrale” sarebbe stato bocciato in Parlamento, come promesso dai pentastellati e dall’intero centrodestra. Così com’è ovvio che il voto anticipato ne sarebbe stata la conseguenza. Ma chi poteva assicurare ai leader che i loro parlamentari avrebbero fatto harakiri per ragion di partito, potendo invece usare l’espediente del sostegno al “governo del presidente” per ragion di Stato? Chi garantiva a Salvini e a Di Maio che, se si fosse tornati alle urne in autunno o in piena estate, gli italiani avrebbero ridato i loro consensi a coloro che non erano riusciti a farli valere dopo il 4 marzo? E a chi sarebbero state addossate le colpe per le incertezze rispetto alle priorità dell’economia e di Bruxelles?
Dunque, Quirinale permettendo, Salvini e Di Maio ora cercheranno l’accordo nel disaccordo. I due schieramenti tanto distanti fra loro proveranno a darsi la mano per governare, approvare il bilancio, cambiare la legge elettorale e tornare al voto in modi e tempi ragionevoli. Tutto ancora da verificare, naturalmente. Ma il primo e importante passo -superare il “no” di Berlusconi-, pare compiuto.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi