Per scuotere, ancora con rabbia e dolore, la memoria collettiva del nostro Paese, basta una parola: Ustica.
Era il 27 giugno 1980, quando un Dc9 dell’Itavia scompare alle 20.59 dai radar di controllo. L’aereo, partito da Bologna con 81 passeggeri, fra i quali 11 bambini, era diretto a Palermo. Solo all’alba del giorno dopo si scopre la terrificante verità, con il velivolo precipitato nel mar Tirreno tra le isole di Ponza e, appunto, Ustica e i primi corpi avvistati.
Da allora, e sono passati 43 anni, la cronaca è diventata Storia all’insegna di un altro mare, quello delle versioni più disparate. Di quel volo mai atterrato, si disse di tutto, dal cedimento strutturale dell’aeroplano al missile che l’ha abbattuto, alla bomba che l’ha fatto esplodere.
A seconda dello scenario prospettato, cambiavano gli interrogativi sul perché un tranquillo aereo civile avesse fatto una fine così drammatica.
Ma ora Giuliano Amato, un ex presidente del Consiglio e ministro del Tesoro, più volte parlamentare e già alla guida della Corte Costituzionale -dunque un personaggio che ben conosce il Palazzo-, avalla l’ipotesi non nuova, però adesso da lui, alta istituzione, “certificata”, che fu un missile francese a colpire quell’aereo nell’ambito di un piano per uccidere il leader libico Gheddafi. Il quale doveva essere in volo in contemporanea, ma fu avvertito dall’allora capo del Psi, Bettino Craxi.
Amato esorta il presidente francese Macron a svelare finalmente il segreto di Stato e a chiedere scusa: “Adesso l’Eliseo può lavare l’onta che pesa su Parigi. Chi sa, ora parli. Può farlo anche la Nato”.
Ma le autorità francesi non commentano, pur “pronte a collaborare con Roma”, mentre si scatena una tempesta di polemiche.
Il figlio di Craxi, Bobo, sottolinea che Amato sbaglia i tempi, e perciò i fatti, di ben 6 anni dopo la strage: suo padre avvertì Gheddafi, sì, ma nel 1986, ossia quand’era presidente del Consiglio.
Il generale Leonardo Tricarico, già capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica militare, accusa Amato di “fandonie” sconfessate in tribunale.
Il generale ricorda che per la giustizia “quel velivolo fu vittima di un attentato terroristico con una bomba a bordo, la pista francese è stata smontata”. Per il governo, Giorgia Meloni dice che non bastano “le personali deduzioni, se Amato ha elementi nuovi, li metta a disposizione”. E Antonio Tajani afferma che l’ex premier “parla da privato cittadino”.
Intanto, i familiari degli 81 innocenti continuano a reclamare, 43 anni dopo, nient’altro che la verità.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi