Li avevano pudicamente chiamati “vitalizi” perché -spiegavano-, rappresentavano un’indennità, non una pensione vera e propria. Li avevano inventati facendo leva sulle prerogative di autonomia costituzionale di cui godono Camera e Senato. Molti anni e polemiche dopo, lo stesso ipocrita meccanismo è stato usato per porre fine all’odioso privilegio di una classe politica che percepiva, e avrebbe percepito, un assegno mensile molto più alto rispetto ai contributi versati. E spesso a partire da un’età che a nessun’altra categoria, dopo una vita di lavoro e di sacrifici, era riconosciuta.
Dunque, con la stessa e intoccabile autonomia tante volte rivendicata, l’ufficio di presidenza della Camera ha ieri deciso quasi all’unanimità (solo Forza Italia s’è astenuta e la sinistra Leu non ha partecipato al voto) che era ora di dire basta.
Al piccolo esercito di circa 1.338 ex deputati e percipienti a dismisura, nessun diritto sarà calpestato. Tantomeno in modo “retroattivo”, come denunciano quanti dovranno rinunciare a un po’ dei loro compensi. E’ nel diritto penale che vale il principio di irretroattività. E qui, oltretutto, non è neppure in ballo un diritto previdenziale, perché sempre hanno teorizzato che il vitalizio, lo dice il nome stesso, era “altra cosa”. Semplicemente si è approvata la delibera del presidente della Camera, il grillino Roberto Fico, per ricalcolare col metodo contributivo gli assegni onorevolmente incassati. Gli ex che hanno pagato il giusto, continueranno ad avere il molto o moltissimo. Agli altri l’assegno sarà tagliato in proporzione a quanto hanno versato. E neppure accadrà subito, ma a decorrere dal prossimo anno.
“Oggi è il giorno che gli italiani aspettavano da sessant’anni”, esulta Luigi Di Maio, che ha convinto -ma forse non era così difficile- anche quanti diffidavano della storica battaglia dei Cinque Stelle. Che, come tutte le battaglie, poteva essere fatta meglio e senza demagogia.
Ma il segnale che arriva da Montecitorio, in attesa che il Senato faccia la sua parte, non è importante per i risparmi previsti e irrisori. E’ importante per il senso della svolta che imprime. Tutti i cittadini esigevano che il Palazzo fosse chiamato a dare il buon esempio, non più ad approfittare di privilegi auto-attribuiti dalla notte dei tempi.
Fa solo sorridere che, tra gli indignati per la fine della festa, figurino pure ex sessantottini. La rivoluzione col vitalizio in tasca.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi