Tutto cambia, ma come cambia in fretta. Donald Trump e Vladimir Putin, i “carissimi nemici” che sembravano grandi alleati, adesso si mandano pesanti avvertimenti.
A trenta giorni dall’insediamento alla Casa Bianca, il presidente più pirotecnico della storia americana ha metaforicamente lanciato la sua ultima bomba. E, dato il personaggio, l’ordigno verbale non poteva che essere atomico.
In uno dei suoi raptus di grandezza, Trump ha difeso la supremazia nucleare degli Usa, mettendo in dubbio l’accordo per la limitazione dei rispettivi arsenali firmato tra Washington e Mosca.
Di fatto, il presidente Usa ha contestato quella faticosa strategia della non proliferazione e del disarmo per tutti frutto dell’orribile lezione di Hiroshima e Nagasaki in tempo di guerra. Da decenni l’universo cerca di imparare, firmando trattati di amicizia e giurando “mai più l’atomica” agli abitanti del pianeta sempre più consapevoli del pericolo senza ritorno.
“Se Washington procederà nel suo obiettivo di supremazia nella sfera nucleare, il mondo tornerà alla guerra fredda col rischio di una catastrofe globale”, è stata l’immediata reazione di Leonid Slutzky, presidente della Commissione esteri della Duma. E così la strana intesa fra Russia e America all’improvviso vacilla: stiamo forse entrando nell’era della “pace fredda”? Assisteremo a un nuovo, rischiosissimo equilibrio fra potenze che si fanno la faccia feroce agitando il coltello nucleare?
Per ora il botta e risposta è solo una patriottica esibizione di muscoli. Ma se l’Europa non fosse un fantasma incapace perfino di far paura, questo sarebbe il suo momento per separare i duellanti prima che combinino disastri. Non per il timore che, dalle parole, americani e russi possano mai passare ai fatti; ché, se lo facessero, nessuno potrebbe raccontare com’è andata a finire. Il pericolo del braccio di ferro in sorprendente corso è l’indietro tutta verso un mondo di piccine egemonie e forti contrapposizioni, dove si finirà per perdere di vista chi è il vero “nemico principale” da abbattere: la fame e il terrorismo, le malattie e le guerre, i muri e i pregiudizi. La “pace fredda” indurrebbe tutti gli altri al ruolo di perdenti e comprimari. E allora verrebbe da dire Europa, se ci sei, batti un colpo. Almeno un colpetto.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi