La guerra in Ucraina, che dopo 2 anni e 3 mesi di invasione e di missili l’aggressore Vladimir Putin non può più chiamare, con ipocrisia, “operazione militare speciale”, comincia a perdere il velo della finzione anche in Occidente. Dove massimo sostegno politico, di denaro e di armi è stato fornito agli aggrediti, con la clausola, implicita ed esplicita, che tale aiuto fosse finalizzato alla difesa e non all’attacco.
Piano piano, però, i fatti, sempre più gravi per gli ucraini e insidiosi per il mondo libero stanno cambiando il prudente linguaggio che finora i governi avevano utilizzato nella speranza di sostenere Kiev senza indispettire Mosca.
Diversi piccoli, ma chiari segnali nelle ultime ore inducono a pensare che l’equilibrismo dialettico e diplomatico da tutti ricercato, cominci, invece, a scricchiolare. Sarebbe una ragione ulteriore per intensificare i tentativi di una vera trattativa politica per spingere le parti a un primo passo di cessazione delle ostilità. Con l’obiettivo di arrivare a quella “pace giusta” invocata dagli aggrediti come condizione per porre fine al conflitto.
Il primo colpo del cambiamento in corso lo assesta il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. Per la prima volta dichiara che Kiev, per difendersi, deve poter usare le armi degli alleati Nato anche per colpire obiettivi militari in Russia. E subito provoca il “non se ne parla nemmeno” di Matteo Salvini, e la più felpata frenata di Antonio Tajani: “Ogni decisione Nato deve essere presa in maniera collegiale”.
Ma la svolta di Stoltenberg non è lontana da quanto il presidente francese, Emmanuel Macron, aveva già prospettato e ripetuto: se l’Ucraina sarà vicina al crollo, non si dovrà escludere l’invio di soldati della Nato per impedirlo. Come dire: la Russia non può vincere, è questo il primario interesse europeo.
Macron ora assicura di voler offrire la protezione nucleare della Francia -unico Paese dell’Ue a poterlo fare- a tutti i 27. La sua mossa è volta a rimpiazzare l’eventuale e temuto disimpegno degli Stati Uniti, se a novembre Donald Trump, che accusa gli europei di non pagare quanto dovuto per far parte della Nato, dovesse essere rieletto presidente.
Intanto, lo Zar progetta di ridisegnare i confini marittimi della Russia con l’Estonia, suscitando l’immediata e preoccupata reazione dei tre Paesi baltici: “Provocazione inaccettabile”.
Tocca all’ungherese Viktor Orban, l’amico di Putin nell’Ue, alzare la polemica contro Macron e contro il diretto sostegno della Polonia a Kiev, sostenendo che l’Europa si stia preparando a entrare in guerra. E Giuseppe Conte prende di mira Stoltenberg: “Siamo sull’orlo della terza guerra mondiale”.
Sale la tensione politica intorno alla guerra scatenata da Putin. L’ultimo ed ennesimo massacro di civili si registra a Kharkiv, mentre il G7 a guida italiana cerca un’intesa sui beni russi congelati a beneficio dell’Ucraina.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova