Se il reddito di cittadinanza doveva essere un abito su misura per gli italiani in stato di bisogno o di povertà, la bozza del decreto-legge che finalmente lo disegna riserva non poche sorprese e ancor maggiori perplessità. Intanto, non è vero che il provvedimento, che include anche la riforma pensionistica di quota 100, riguarderà solamente gli italiani, come i leghisti esigevano e i pentastellati più o meno tiepidamente confermavano. Potrà, invece, beneficiarne, a partire dal prossimo mese di aprile, anche una platea stimata in 259 mila famiglie di stranieri residenti ininterrottamente in Italia da almeno dieci anni. Sembrano più forti le difficoltà a ottenere il pubblico sussidio per gli emigrati italiani di ritorno in patria. Anche per essi dovrà valere il criterio dei dieci anni di residenza prima di strappare il beneficio. E l’ex ministro Renato Brunetta (Forza Italia) ironizza contro la Lega del “prima gli italiani” per il trattamento riservato agli italiani di ritorno.
La novità in arrivo, che coinvolgerà quasi un milione e mezzo di famiglie (ossia quattro milioni e mezzo di cittadini per un costo di 8,5 miliardi), non avrà, poi, un carattere uniforme, ma sproporzionato sul territorio nazionale. Basti rilevare che le prime tre Regioni destinate all’aiuto di Stato saranno la Campania, la Sicilia e il Lazio. Il che non mancherà di rinfocolare le polemiche del Pd contro il movimento di Luigi Di Maio, irriducibile paladino di questa battaglia e già accusato dalle opposizioni di aver promosso un’iniziativa che finirà per accontentare in prevalenza il proprio elettorato nel Centro-Sud.
Bizzarre, tortuose e inefficaci appaiono le prescrizioni di dettaglio per godere del reddito, il cui massimo previsto è di 780 euro al mese.
Chi proverà a barare sui requisiti per il sussidio -il primo dei quali non sarà più la ferrea dichiarazione dei redditi, ma quella macchinosa dell’Isee-, rischierà da uno a sei anni di carcere. Ma quanto sarà reale la caccia al bugiardo per un fisco che a stento scopre gli evasori?
Allarmanti, poi, sono le previsioni della Cgia di Mestre, secondo cui il reddito pensato per i più deboli, rischierà di avvantaggiare i più furbi. Almeno tre miliardi potrebbero finire nelle tasche di chi svolge lavori irregolari. In pratica, la misura del governo finirebbe, paradossalmente, per favorire quanti operano nel sommerso. Non risultano occupati perché guadagnano in nero, e in più avranno il diritto a percepire il reddito di cittadinanza.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi