L’aspettavano al varco, il mitico Sir Elton John, e non per ascoltare una delle tanti canzoni al pianoforte che l’hanno reso fra i principali interpreti del nostro tempo. Speravano che dal palco di Sanremo e già il primo giorno il musicista inglese, che nella vita privata è notoriamente sposato con un altro uomo e con due figli a carico, entrasse a gamba tesa nella polemica in corso nella società italiana -ma soprattutto al Senato: e durissima-, a proposito delle unioni civili e della legge che dovrebbe regolamentarle per la prima volta.
Invece il grande atteso, oltre a confermare la sua bravura con classe, ha volato alto, limitandosi a dire solo la cosa più importante: che è felice d’essere padre. Senza saperlo, con quest’atteggiamento chiaro e rispettoso al tempo stesso l’artista ha finito per inaugurare il filone del nastrino arcobaleno mostrato da molti cantanti italiani, e che sta diventando una delle caratteristiche serene e festose del sessantaseiesimo e popolarissimo appuntamento: la libertà di far sapere a tutti come la si pensa sui diritti delle coppie, senza che ciò diventi propaganda o anatema contro chi invece difende il diritto esclusivo della famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna. Prima Noemi e poi Arisa, Enrico Ruggeri, Irene Fornaciari e altri si sono così pubblicamente schierati a favore delle unioni civili. Ma la forma è sempre sostanza. E quando si ricorre non agli insulti, al comizietto, alla solita bega tra guelfi e ghibellini che tanto va di moda, bensì all’innocenza di un nastro coi tanti colori che il cielo regala dopo la tempesta, ecco che si può dire quel che si vuole. Senza il rischio d’essere fraintesi, contestati, strumentalizzati. Esiste un modo tranquillo e civile per comunicare le proprie convinzioni e questo di Elton John e degli artisti-arcobaleno lo è. “La musica come la vita si può fare in un solo modo, insieme”, ha ricordato il Maestro colpito dalla Sla, Ezio Bosso, dopo una magistrale interpretazione al piano. “Insieme”, perciò, anche il tema bollente delle unioni civili si può affrontarlo cercando prima di tutto di ascoltare, anziché subito e solo di ribattere. Se dal Festival uscisse anche la novità che molti italiani stanno imparando a pensare a voce alta, anziché a urlare e a urlarsi dietro il palco, e che il pensiero più “esibito” contiene dentro di sé il rispetto naturale per il pensiero opposto e meno ostentato, ne guadagneremmo tutti. Un’altra musica è possibile, da Sanremo.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi