Il lapsus, si sa, è un errore involontario frutto -diceva Freud- dell’inconscio. Un errore che però rivela quanto sia cambiato il mondo dal 27 marzo 1994, il giorno della “discesa in campo” di Silvio Berlusconi, a oggi. Il lapsus del leader di Forza Italia è quello d’aver scambiato Matteo Renzi per Matteo Salvini, che in comune hanno solo il nome di battesimo e l’anagrafe. Invece Berlusconi ha accreditato il premier come uomo capace di “portare grinta” nel centro-destra di nuovo unito.
E così il ritorno politico e freudiano dell’ex presidente del Consiglio a “Porta a porta” suggella, in tv, che è finito un ciclo, e non solamente un tempo. Ventun anni dopo il capo di Forza Italia può ancora contribuire, certo, al rilancio del Polo delle libertà che fu. Ma non immaginare di guidarlo o di determinarne gli obiettivi e le alleanze da monarca assoluto, qual è sempre stato. E’ lo stesso Berlusconi ad ammettere in modo indiretto che non sarà più lui, domani, ad aprire le danze per palazzo Chigi, affermando che si troverà un’intesa per scegliere insieme il candidato della coalizione. Ma un sovrano designa lui, anche quando non regna più da quattro anni: il 16 novembre 2011 finì il suo quarto e ultimo governo. Anche quand’è costretto ad assistere alle altrui incoronazioni, da Matteo Salvini a Giorgia Meloni, la generazione con quarant’anni di meno, in una piazza piena ma fredda di Bologna. La fine del ventennio berlusconiano si riflette pure sulle scelte dei candidati sindaci a Roma e Milano, dove nessun nome di Forza Italia va per la maggiore. Anzi, nella capitale Berlusconi vorrebbe puntare sul terzo incomodo fra destra e sinistra, Alfio Marchini, già mandando la romana (e aspirante) Meloni su tutte le furie. Ma che cosa ha reso inattuale il ritorno di Silvio? A parte la vicenda personale della condanna per frode fiscale che gli ha fatto perdere anche il seggio di senatore, è la novità bipolare il punto di rottura. Nella speranza di cambiare l’Italia o per contestare governo e Palazzo in modo radicale, una parte dell’elettorato di centro-destra orfano del suo capo e poco attratto da politici e partitini sorti all’ombra del vuoto ha scelto l’opzione del momento. Alcuni il Renzi che governa, altri il Grillo all’opposizione. Sono voti “in libera uscita”, che però faticheranno a tornare a casa, se il futuro sarà colorato dal populismo di Salvini, a cui Berlusconi s’aggrappa come il naufrago alla zattera che tiene a galla una fetta dell’elettorato deluso, ma rimasto.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi