E’ curioso che, con tanti buoni esempi a disposizione, i governi continuino a “sognare” come tagliare la spesa pubblica affidando l’auspicabile, ma irrealizzato compito a un commissario di turno. Lo sventurato di oggi si chiama Yoram Gutgeld, deputato Pd, che ha preso il posto del più celebre, ma sfortunato Carlo Cottarelli. Il quale abbandonò la partita senza essere riuscito a tagliare neanche le briciole della torta, pur avendo scritto una ricetta grande così.
Eppure, basterebbe rivolgersi a una qualunque dei venticinque milioni di famiglie che fanno quadrare i conti alle fine del mese in Italia e chiedere, sommessamente: ci dite, per favore, come si fa?
Forse il governo scoprirebbe che, prima di tagliare i medicinali, ogni nucleo di persone di buonsenso rinuncia al superfluo. E poi, se non basta, passa al non troppo necessario. E, se ancora non basta, taglia ciò che è meno urgente dell’urgente, e sempre anteponendo il sacrificio a se stessi rispetto ai propri figli. C’è una misura nelle cose.
Yoram Gutgeld, l’ennesimo predestinato a raccontarci la bella favola che però, chissà perché, finisce sempre male, invece annuncia che comincerà proprio dai medicinali, ossia dalla sanità. Per carità, niente macelleria sociale, assicura, né tagli alla cieca. Il suo “c’era una volta” ha l’obiettivo di far risparmiare dieci miliardi a tutti gli italiani. Ed è vero che molto si possa ottenere gestendo meglio gli ospedali, controllando le prescrizioni, rendendo più efficienti i servizi, eliminando le odiose disparità sanitarie fra regioni, specie fra le quindici ordinarie e le cinque a statuto speciale, ossia da Bengodi. Ma ci sono gesti semplici e concreti che valgono più delle incursioni fantasticate. Il mondo della sanità divora un patrimonio pubblico che è, allo stesso tempo, di grande qualità e dedizione dei suoi operatori e di cattiva organizzazione dei suoi gestori, troppo spesso condizionati da scelte politiche scellerate. Ma si risparmia di più facendo a meno di un bisturi o di un’autoblu? Sono “privilegi” paragonabili fra loro quelli di un modesto presidio sanitario in un quartiere lontano o di infrastrutture pubbliche inutili, duplicate, costose di cui si fatica a capire perché esistano? E’ così difficile stabilire che dal 1° gennaio 2016 tutti gli stipendi di chi fa politica, dal Parlamento al più piccolo ente territoriale, subiranno un colpo di scure senza precedenti?
Non la vita delle persone, ma i vitalizi delle caste sono l’obbrobrio da estirpare per dare l’esempio che si fa sul serio.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi