Il referendum si può fare, ma non è detto che si farà. La Corte di Cassazione ha stabilito che è legittimo il quesito referendario per l’abrogazione totale della legge sull’autonomia differenziata. Bocciando, invece, il secondo quesito in esame, che ne richiedeva l’abolizione parziale. Ma l’ultima parola spetterà di nuovo alla Corte Costituzionale, che entro il 20 gennaio dovrà decidere sul contenuto della richiesta promossa prima della sentenza con cui la stessa Corte, un mese fa, aveva già cancellato parti significative della riforma. E aveva, inoltre, spiegato in che modo si debbano interpretare, cioè applicare, altrettanto importanti articoli del testo che i giudici non hanno invece eliminato, bensì vincolato alle “colonne d’Ercole” -come hanno scritto- dei vincoli istituzionali, giuridici ed economici dell’unità nazionale.
“Esiste una sola nazione, così come vi è un solamente un popolo italiano, senza che siano in alcun modo configurabili dei “popoli regionali” che siano titolari di una porzione di sovranità”, ecco come la Corte ha avallato, modificandola vistosamente, l’autonomia differenziata.
Ora i giudici dovranno dire se il quesito referendario sia stato nel frattempo superato oppure no dal verdetto 192 da loro stessi firmato il 14 novembre 2024. Un verdetto che si può definire storico, perché per la prima volta l’Alta Corte precisa per filo e per commi l’unica maniera in cui si possa prospettare e realizzare un’autonomia differenziata, “valorizzando appieno le potenzialità insite nel regionalismo italiano”, senza però considerare tale disposizione “come una monade isolata, ma deve essere collocata nel quadro complessivo della forma di Stato italiana, con cui va armonizzata”.
Dunque, la polemica politica dopo la decisione della Cassazione rivela che gran parte dei contendenti non ha letto la sentenza 192. Che risolve alla radice ogni questione autonomistica, quasi dettando al legislatore il da farsi per rendere la riforma-Calderoli conforme in pieno alla Costituzione.
Perciò, sbagliano le entusiaste opposizione per il via libera a un referendum che forse neppure si farà. E che, se si farà, faticherà a raggiungere il 50% più uno del corpo elettorale affinché sia valido, perché la Corte Costituzionale ha depotenziato il tema da ogni rischio. Così com’è stata lasciata in piedi, l’autonomia differenziata non può spaventare né indignare e quindi difficilmente mobiliterà la maggioranza degli italiani.
Ma sbagliano anche i partiti al governo, e specie la Lega, nel considerare la riforma una sfida agli avversari, sol perché avallata ai piani più alti del diritto.
In realtà, l’opposta propaganda fraintende l’autonomia. Che non è un mito da sbandierare o contro cui accanirsi, bensì semplicemente un modo per organizzare istituzioni della Repubblica una e indivisibile. Purché lo si faccia con buonsenso e nel rispetto di tutti e di tutti i principi costituzionali: questo è il significato della sentenza 192, che dovrebbe spegnere i bollori politici su un tema che i giudici preposti hanno già definitivamente “riscritto” e delineato.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova