Ma quanto può ancora governare una maggioranza che al Senato per metà vota contro la Tav e per l’altra metà a favore, rivendicando ognuna delle due parti la bontà della propria e opposta scelta? Come può un ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, rimanere al suo posto dopo aver votato contro il verdetto parlamentare che è risultato ad ampio sostegno della Torino-Lione, essendo il medesimo ora chiamato ad assecondare un’opera che in realtà contrasta? E per quanto tempo può l’Italia restare a guardare la “questione politica” -com’è stata definita- che s’è spalancata fra i Cinquestelle e la Lega, o meglio, fra Luigi Di Maio e Matteo Salvini, i vicepresidenti del Consiglio e capi politici che si rinfacciano ogni decisione non condivisa?
Gli interrogativi avrebbero tutti una pronta e intuibile risposta, se in Parlamento esistesse un’alternativa politica e numerica coesa e capace di subentrare all’anomalo esecutivo gialloverde frutto di un’anomala legislatura. Ma la debolezza della divisa opposizione è una polizza assicurativa per la maggioranza pur spaccata. Perché se qui salta tutto -è lo spettro che s’aggira tra i parlamentari al secondo anno, appena, di mandato-, si va dritti alle elezioni anticipate, forse già in ottobre. E non c’è bisogno di indovinare, stando ai sondaggi e all’ultima disfatta sulla Tav, chi nel governo potrebbe beneficiarne e chi, al contrario, rischierebbe di pagarne il prezzo elettorale più salato.
Ecco perché al termine di una giornata di massima tensione che però ha almeno posto fine all’indecoroso balletto sulla Tav (ora si procederà senza se e senza ma), Salvini e poi Di Maio incontrano il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, per capire come andrà a finire. Oppure come andrà a ricominciare, se la strana maggioranza gialloverde, frutto non già delle urne, ma dell’unica formula che col saggio benestare del Quirinale poteva rispondere alle novità espresse dalla maggioranza degli italiani, prenderà atto della realtà. La realtà che o Di Maio e Salvini pedaleranno nella stessa direzione (rilancio del governo e toccherà a Conte decidere su ventilate richieste di rimpasto o di nuovo “contratto”) o il tandem dovrà lasciare (crisi di governo).
L’ultimo treno è appena passato ad alta velocità. Capiremo presto se il governo saprà trarre giovamento dal maggiore ostacolo che gli si presentava appena superato, o se vi inciamperà senza rialzarsi.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi