Il nuovo male del Nord si chiama siccità. Con tutti i distinguo che volete fra territori virtuosi o con acquedotti deficitari. Tra istituzioni capaci di investimenti sull’acqua oppure no. Tra amministratori e politici previdenti e quelli ancora prigionieri di un approccio sbagliato sul tema: intervenire solo se e quando non piove da troppo tempo, anziché raccogliere l’acqua dal cielo ogni volta che divinamente cade per utilizzarla quando il Dio della pioggia si sarà preso la sua lunga vacanza.
Se la questione idrica non fosse caratterizzata da errori evidenti e troppo a lungo tollerati a causa di una generale e scarsa cultura della prevenzione, che è il male del male, il governo non avrebbe deciso di nominare un super-commissario per correre ai ripari. “Correre” è proprio il verbo, prima che la siccità travolga l’economia in tutti i settori, dall’agricolo all’industriale. E prima che la così grave e ininterrotta mancanza d’acqua colpisca la vita dei cittadini e delle comunità in maniera irrimediabile.
Ma il nemico della siccità non si vince con la guerra delle parole. Neppure con quelle, pur affilate, del presidente della Provincia “autonoma” di Trento, Maurizio Fugatti. Al quale piace sottolineare che non bisogna dare l’acqua ai territori che la sprecano. Che è, par di capire, un po’ come parlare a nuora, il suo Trentino, perché suocera Veneto intenda. Anche se Fugatti precisa sempre di non avercela coi parenti stretti e con lui geograficamente confinanti. Anche se Fugatti invita sempre i suoi colleghi istituzionali a unirsi nella comune battaglia dell’acqua per tutti.
Ma le uscite contro gli “spreconi” (e chi sarebbero, allora?) o la contrapposizione stravagante fra chi rappresenta territori di pianura e chi di montagna fanno un gran male alla causa comune.
Intanto, perché i due massimi rappresentanti delle istituzioni “familiari” -il Veneto e il Trentino- appartengono alla stessa parte politica, vero Luca Zaia e Maurizio Fugatti? In teoria dovrebbero andare d’amore e d’accordo pure sull’acqua. E poi, secondo paradosso, certe battute suonano come se ci fosse un Nord più a Nord del Nord con le sue risorse d’acqua distribuibili o anche no, rispetto a un pure geografico Sud del Nord, che invece dovrebbe o potrebbe fare un po’ meglio i suoi compiti idrici.
Per quanto soave, bonaria e persino negata, è una polemica priva di senso. L’acqua, quando c’è, non è un bene del Trentino anche se scorre da quelle parti, ma è patrimonio di tutti i cittadini. E poi se chi rappresenta i territori parte con l’assunto del “prima i trentini” -a cui altri potrebbero rispondere con “prima i veneti” e altri ancora con “prima i lombardi”-, si perde di vista la gravità del problema, che è italiano. La siccità non fa distinzioni campanilistiche, colpisce l’intera Penisola di pianure, montagne e mari tra Nord e Sud.
Ecco perché dal super-commissario si dovrà pretendere uno sguardo nazionale e una gestione unitaria in armonia con tutti i territori, nessuno escluso. Le pur aride stagioni cambiano di anno in anno, e magari la Regione baciata dalla pioggia o dalla sua migliore capacità organizzativa dell’acqua si troverà in ambasce la stagione successiva. Ma se non ha aiutato quando poteva e doveva farlo, sarà meno ascoltata quando sarà lei a richiedere collaborazione allo Stato o alle altre Regioni.
La guerra delle parole bisogna farla contro la siccità, non contro i territori vittime della mancanza d’acqua. Certe polemiche sono fuori tempo e soprattutto fuori luogo: l’acqua non ha confini nella Repubblica italiana.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi