In principio era la Brexit, l’addio della Gran Bretagna all’Unione europea senza tanti rimpianti (ma anche senza alcuna fretta, secondo i comodi loro). Poi arrivò l’idea di Amber Rudd, battagliera ministro dell’Interno, di proporre alle aziende del suo Paese la compilazione di liste dei lavoratori stranieri, giusto per favorire l’occupazione dei britannici per primi. E fu subito dietrofront sull’onda della bufera scatenata. Adesso s’è però scoperto che liste, effettivamente, già si facevano, ma di altra natura e destinazione: per iscrivere gli alunni italiani all’anno scolastico da poco cominciato. Questionario birichino, dunque, in Galles e in Inghilterra per capire quanto inglese c’era bisogno d’insegnare agli studenti. Siete italiani oppure napoletani oppure siciliani?, domandavano premurosi. E solo la reazione della nostra ambasciata a Londra ha prodotto la risposta del governo di Sua Maestà, che ha chiesto scusa e forse giurato, come i bambini sorpresi con le mani nella marmellata, che non lo faranno più.
Ma buttarla sulla xenofobia in una nazione che ospita, soprattutto nella capitale, mezzo milione di italiani, ossia la nostra più grande comunità all’estero a due ore di volo da casa, significa ingigantire un episodio probabilmente frutto solo di burocratica ignoranza. Pazienza se lassù ancora non lo sanno, nonostante abbiano all’epoca, metà dell’Ottocento, accolto l’esule Mazzini che apriva pure la prima scuola di italiano in Gran Bretagna: da almeno un secolo e mezzo l’Italia non è più un’espressione geografica. E non diciamolo ai sardi, a loro volta etichettati a parte in questa schedatura del solo profondo Sud che potrebbe far sorridere, e che invece fa arrabbiare. Perché nel suo piccolo è il brutto indice che l’amata terra della libertà e dell’opportunità per molte generazioni di italiani e di stranieri sta cambiando rotta. Dopo la porta in faccia sbattuta a un’Europa che pur aveva dato ai britannici più di quanto essi avessero restituito, è come se una certa pudicizia e una certa prudenza fossero venute meno di colpo: adesso che il tappo della Brexit è saltato, tana libera tutti.
A costo di rischiare il boomerang di una sterlina mai tanto debole, perché a forza di sognare liste e agitare fantasmi, poi i fantasmi si prendono la rivincita e magari non investono più oltre la Manica.
Non tutte le strade del populismo portano o partono da Londra. Ma quella della Brexit, attenzione, è già spalancata.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi