Non capita tutti i giorni che, a bussare alla porta di casa, sia il presidente della Repubblica in persona. Ecco perché la giovane inquilina di un appartamento signorile senza essere di lusso, grande, ma non enorme (120 metri quadrati) e in un bel quartiere di Roma tra Villa Ada e Villa Borghese, non dunque nel centro storico, prima ha aperto con sorpresa e poi ha chiesto con emozione di farsi una foto con Sergio Mattarella e la figlia Laura che l’accompagnava nella ricerca di un’abitazione da prendere in affitto.
L’autoscatto di tre giorni fa col visitatore inaspettato ha fatto da detonatore di una notizia due volte rilevante. La prima, perché conferma la discrezione con cui il capo dello Stato esercita anche gli ultimi mesi del mandato persino fuori dal Quirinale. Dall’alto dei suoi poteri, figurarsi se Mattarella non ha la possibilità di alzare il telefono e farsi trovare una casa di gradimento nel giro di mezz’ora. Avere questo ed altri privilegi, e non ricorrervi, è una delle ragioni della popolarità di un presidente “normale” e così restio al populismo da mettersi anche lui in fila -come già aveva fatto per la vaccinazione, senza saltarle, le file-, esattamente alla pari dei connazionali da lui rappresentati con sobrietà e poche, misurate parole.
Anche se l’unica volta che il presidente ha alzato la voce infuriato, perché la politica non era capace di trovare una soluzione di governo in Parlamento, ha fatto la scelta forse più azzeccata e lungimirante dell’intero mandato: Mario Draghi a Palazzo Chigi e un esecutivo di unità nazionale per fronteggiare la peggiore crisi sanitaria ed economica della Repubblica giusto in tempo. Come i fatti successivi stanno testimoniando: la pandemia ora è sotto controllo e la previsione di crescita del Pil vola al 6 per cento.
Tuttavia, se Mattarella cerca casa, vuol dire che non vuole ricandidarsi, come già aveva anticipato. Significa che il 3 febbraio 2022 per il successore s’aprirà una corsa al buio nelle Camere riunite in seduta congiunta, ma spaccate a metà fra centrodestra e centrosinistra. E con molti parlamentari che hanno cambiato o cambieranno casacca.
Per ora girano, naturalmente a vuoto, tanti nomi di potenziali pretendenti. A cominciare da Draghi, che pure si tira fuori dallo scenario per rispetto a Mattarella e per dispetto al chiacchiericcio. Neanche un mago può prevedere come finirà. Ma anche un mago sa che l’accoppiata più credibile e competente per contribuire alla ripresa, è proprio quella che non deve mollare: Mattarella e Draghi al loro posto attuale, e insieme. Sono la garanzia, anche per l’Europa, che l’Italia ha cambiato musica. E che oggi può parlare al mondo per il numero delle vaccinazioni fatte e il rilancio della produzione e delle esportazioni. Per l’anno d’oro dello sport in trenta diverse discipline e per il nuovo ruolo internazionale sul clima, le migrazioni, i rapporti con Stati Uniti, Russia, Cina e l’Africa del dolore.
Inutile bussare ad altre porte: è il Quirinale la casa dell’inquilino Mattarella. Sarà faticosissimo, per i grandi elettori, convincerlo a restare. Almeno fino a quando il Paese sarà guarito dal Covid e risanato nell’economia. Ma impossibile non è una parola italiana.
Non si cambia la squadra che oggi convince la maggioranza dei cittadini e persino dei litigiosi politici. Sarebbe un beffardo autogol interrompere il lavoro di Mattarella e Draghi appena cominciato non a beneficio di questo o quel partito, ma per l’Italia che verrà.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi