E’ il primo e più importante principio alle fondamenta dell’Unione europea: la libera circolazione delle merci introdotta nel 1957 dal Trattato di Roma, che istituì la Comunità Economica Europea, cioè la fonte materna dei 6 Paesi, Italia inclusa, che oggi sono diventati 27 e adulti.
Eppure da anni, e con motivazioni di natura ambientale che in realtà danneggiano la competitività italiana, cioè non rispettano un altro dei principi-cardine per i quali l’Europa ha abbattuto le sue frontiere nel comune interesse della crescita e delle esportazioni, l’Austria “restringe” il Brennero. Imponendo nuove limitazioni a quelle, controverse, che già da troppo tempo esistevano al passaggio dei mezzi pesanti.
“La situazione è drammatica, abbiamo code di 50 chilometri in Baviera”, ha protestato anche il ministro dei Trasporti tedesco, Volker Wissing.
Ma adesso, come sollecitavano le associazioni di categorie gravemente penalizzate dal blocco dei Tir alla frontiera, l’Italia ha deciso di ricorrere alla Corte di Giustizia europea contro i divieti unilaterali di Vienna.
L’ha annunciato il ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, dopo averlo più volte minacciato nella speranza, rivelatasi vana, di trovare un’intesa con la controparte austriaca. Annuncio e polemica, perché Salvini dice che sarebbe toccato alla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, firmare l’avvio della procedura. Ma non l’ha fatto.
“Pontifica sui migranti a Lampedusa, poi permette i blocchi al Brennero”, attacca. E parla di “atto di violenza e arroganza da parte dell’Austria”.
Poi spiega: “L’ambiente non c’entra nulla, è solo concorrenza sleale nei confronti degli imprenditori e autotrasportatori italiani e tedeschi”.
Il procedimento d’infrazione è rivolto contro il blocco dell’asse portante fra il Nord e il Sud del continente. Un tema che vede insieme Italia e Germania, entrambe vittime della scelta austro-tirolese motivata dagli effetti dei Tir sull’ambiente e dall’invito a usare meno gomma e più rotaia. Obiettivo, peraltro, su cui tutti concordano. Da tempo economia e commercio hanno imboccato la via della sostenibilità ambientale nell’Europa intera. Dunque, anche sul Brennero si possono trovare soluzioni ragionevoli per tutti. Ma Vienna non ci sente.
Toccherà, perciò, alla giustizia europea stabilire come far valere il principio, non negoziabile nell’Ue, della libertà di circolazione.
Per l’Italia il Brennero non può essere un imbuto: è la porta d’Europa.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi