Tutti sovranisti, ma a Strasburgo ognuno pensi per sé. A sottolineare la difficoltà dello stare insieme per le formazioni che hanno vinto o raccolto buoni risultati in varie parti d’Europa all’insegna della rivolta populista contro l’élite di Bruxelles, ci pensa proprio il principale esponente della categoria, Viktor Orbán. E’ il primo ministro d’Ungheria e leader di un partito che alle europee ha ottenuto un consenso più bulgaro che ungherese: il 52,3 per cento dei voti. Secondo Gergely Gulyas, che di Orbán è capo di gabinetto, ci sono “probabilità molto scarse” che i loro europarlamentari passino dal Ppe, dove soggiornano, pur “sospesi”, a un gruppo con la Lega di Matteo Salvini. Quell’alleanza non s’ha da fare, par di capire.
Da tempo, del resto, lo stesso Silvio Berlusconi s’era dato il compito di voler traghettare lui la Lega nel Ppe. Nonostante l’irremovibile “nein!” pronunciato da Angela Merkel a una prospettiva del genere.
Come finirà il risiko dei gruppi nella nuova e decima legislatura, lo vedremo presto. Ma, al di là delle storiche famiglie -popolari, socialisti, liberali e verdi- che si candidano a trovare un’intesa per guidare l’Europarlamento, la collocazione della Lega (e anche dei Cinque Stelle) non è un gioco ininfluente tipo battaglia navale. Per un Paese come l’Italia, fondatore dell’Unione e seconda industria manifatturiera, partecipare a determinare le scelte dell’Europa è il minimo. Soprattutto in queste ore di incontri e telefonate fra le capitali per decidere a chi dare le poltrone che contano.
E’ chiaro: difficilmente potremo ripetere la tripletta, presidenza della Bce, dell’Europarlamento e Alta rappresentanza degli Esteri tutte italiane. Ma se Lega e Cinquestelle saranno snobbate dalla maggioranza in via di costituzione a Strasburgo, l’effetto politico può ricadere, dirompente, anche sulle imminenti e decisive nomine a Bruxelles. Che senso ha la vittoria domestica se poi, quando il gioco si fa duro fuori casa, si rischia di restare in tribuna a guardare?
Non s’era mai visto il possibile isolamento a Strasburgo di una maggioranza politica che guida la terza economia d’Europa.
Salvini e Di Maio facciano attenzione a non restar soli per far valere l’interesse dell’Italia. Anche d’intesa con le opposizioni, come fanno a Madrid: davanti alla sfida degli incarichi, non esistono più né socialisti né popolari. Esistono solo gli spagnoli. Esistono solo gli italiani.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi