Di solito in piazza vanno le opposizioni, non la maggioranza. Ma una maggioranza a due piazze non s’era ancora vista.
Di là, a Torino, manifestavano i cittadini No Tav, antica e tutt’altro che archiviata battaglia dei Cinque Stelle. Un insieme di contestatori con tutti i colori del rosso, ma anche del giallo: numerosi esponenti pentastellati di istituzioni locali hanno partecipato all’iniziativa. La stessa Chiara Appendino, sindaco della città, pur assente ha ribadito la sua contrarietà alla grande opera. L’anima irriducibile del principale partito di governo, che pure sulla Tav ha promosso un’analisi su costi e benefici prima di decidere il da farsi, è stata ampiamente interpretata e rappresentata.
A Roma, invece, era di scena proprio un partito, l’altro di governo incarnato dal suo leader e vicepresidente del Consiglio, Matteo Salvini. Il quale, all’insegna della scritta “L’Italia rialza la testa” sottolineata da una lunga striscia verde, bianca e rossa sul palco di piazza del Popolo, ha suggellato la conversione nazionale dell’un tempo Lega Nord. Due svolte in una, in realtà, perché il già euroscettico Salvini, citando un pensiero di Papa Wojtyla, ha stavolta vaticinato a sorpresa il sogno di una nuova Europa quale traguardo, e non più soltanto capro espiatorio, del rivendicato risveglio del popolo italiano.
A differenza dell’evento piemontese (una risposta trasversale alla precedente e altrettanto trasversale manifestazione “Sì Tav”), il comizio di Roma era il biglietto da visita del nuovo corso leghista. Salvini ha tenuto sia a rimarcare il suo buon rapporto con “Luigi”, cioè Di Maio, sia a dichiarare che l’intesa coi Cinque Stelle durerà “per cinque leggi di bilancio”, ossia per l’intera legislatura.
In politica le intenzioni sono importanti, ma non bastano mai. Perché alla fine sono i fatti a decretare la vita dei governi. E la riedizione delle “convergenze parallele” oggi viaggia su due persone, Salvini e Di Maio, che riscoprono d’avere, in due piazze distinte e distanti, elettorati e convinzioni differenti su una questione cruciale: grandi opere sì o no?
Se i pentastellati si faranno paladini della voce No Tav, non si sa con quale governo Salvini potrà realizzare le prossime quattro manovre.
A meno che, per salvare il salvabile, l’esecutivo gialloverde scelga di non scegliere: la Tav all’Inferno tra “color che son sospesi”, per dirla con Dante. Un limbo senza speranza, da separati in piazza.
Pubblicato suL’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi