Può sembrare singolare, invece è molto significativo che Save the Children, proprio l’organizzazione che si batte per assicurare un futuro ai bambini in difficoltà in tante parti del mondo, ora lanci l’allarme sull’uso in tenera età della tecnologia digitale che sta spalancando il domani alle nuove generazioni. E che può causare gravi confusioni tra reale e virtuale.
Quando si parla di tenera età, il riferimento è persino ai neonati fra 2 e 5 mesi, dei quali uno si cinque -secondo un’indagine recente dell’Istituto Superiore della Sanità-, trascorre in Italia meno di un’ora al giorno davanti allo schermo di tv, pc, tablet o smartphone. A fronte delle stesse raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e della Società Italiana di Pediatria che non lasciano dubbi: sotto i 2 anni, non è il caso di utilizzare questi dispositivi. O meglio, non è il caso che i genitori, venendo meno ai compiti di elementare responsabilità, parcheggino i figli davanti agli strumenti più moderni e tuttavia insidiosi della società dell’immagine.
Ma se il dato su bimbe e bimbi di un’età in cui neppure parlano e sono già portati e deportati davanti allo smartphone fa impallidire gli esperti e chiunque abbia la testa sulle spalle, la realtà del digitale buttato negli occhi e perciò nel cuore dei piccoli è travolgente. Come si coglie dalla XIV edizione dell’Atlante dell’infanzia a rischio in Italia, e dal titolo “Tempi digitali” che Save the Children ha diffuso ieri, anche la pandemia ha contribuito all’abitudine sbagliata, quasi raddoppiando il numero dei bambini tra i 6 e 10 anni che usano il cellulare tutti i giorni (oggi il 30,2%). Anche fra i più grandicelli prevale la pura messaggeria istantanea, usata dal 93% dei 14-17enni. Tra le attività prescelte pure guardare i video (84%), frequentare i social (79%, con Facebook in forte declino rispetto a Instagram, TikTok e Snapchat) e utilizzo dei videogiochi (72,4%).
Ma l’età è inversamente proporzionale all’uso positivo e creativo, cioè per arricchire la conoscenza e la personalità, che il digitale pur stimola, se vi si ricorre all’età e con l’approccio giusti. A fronte di un così esteso e sregolato utilizzo negli anni dell’infanzia e adolescenza, l’Italia è quart’ultima in Europa sulle competenze digitali dei 16-19enni.
Dunque, anche se smanettano da piccoli, i ragazzi capaci di usare i dispositivi al meglio, anziché d’esserne usati, sono il 27% in confronto al 50% dei coetanei francesi e del 47% degli spagnoli.
Meditate, genitori, meditate.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova