Non poteva avvicinarsi in modo peggiore il primo e tragico anniversario del 7 ottobre, quando i terroristi di Hamas, con un’incursione a sorpresa in Israele, colpirono e uccisero 1.400 inermi civili e militari senza pietà, sequestrando e portando 250 innocenti a Gaza come bottino politico-criminale di una strage senza precedenti.
Dei rapiti che da allora si presume ancora in vita -un centinaio di persone-, sei giovani, cioè due donne e quattro uomini che ballavano spensierati in quel sabato dell’infamia di un anno fa, sono stati trovati dall’esercito israeliano uccisi in un tunnel a Rafah, sud della Striscia.
Uccisi è dir poco: brutalmente freddati con un colpo alla testa e in altre parti del corpo tra venerdì e sabato mattina, prima che arrivassero i soldati. Hamas dice che sono morti a causa dei bombardamenti israeliani.
Quattro di questi ostaggi ammazzati erano stati inseriti in una lista “umanitaria” per essere liberati nella prima fase di una proposta di accordo.
In Israele esplode l’ira dei familiari e delle opposizioni contro il governo di Benyamin Netanyahu, accusato di aver bloccato un possibile accordo per una tregua, cioè di non aver fatto abbastanza per riportare a casa i superstiti del 7 ottobre. “In 11 mesi il governo non è stato capace di salvarli”, attaccano i parenti dei rapiti con una rabbia pari solo al dolore.
“Chi uccide gli ostaggi, non vuole un accordo”, replica il primo ministro ai familiari delle vittime e degli ostaggi, tutti esasperati da uno scenario senza sbocchi, e perciò terribile anche per i sequestrati in vita, mentre a Gerusalemme e a Tel Aviv si organizzano manifestazioni e uno sciopero contro Netanyahu. “Hamas è contro il negoziato da dicembre”, ribatte ancora il primo ministro, che chiede perdono per non essere riuscito a “restituire vivi” i sei ostaggi.
Ma che i negoziati auspicati e pure accompagnati da diversi interlocutori del mondo americano, arabo ed europeo siano, finora, un’altalena tra speranze e fallimenti, è sotto gli occhi di tutti. Anche se le parti coinvolte e contrapposte si rinfacciano la responsabilità del dialogo tra sordi.
Regna l’impossibilità d’intendersi tra chi, come Hamas, conferma il suo approccio privo di qualsivoglia umanità già dimostrato col massacro del 7 ottobre, negando con odio e violenza il diritto all’esistenza stessa di Israele. E chi, come il governo israeliano, ignora tutti gli appelli, qualunque sia la loro provenienza, per fermare la reazione armata a Gaza, dove a pagare il prezzo della guerra intrapresa per stanare i terroristi che hanno colpito e che hanno l’obiettivo di colpire Israele, è soprattutto la popolazione, cioè altri civili innocenti, bambini, donne e anziani.
“I negoziati non si fermino, subito un cessate il fuoco, e gli ostaggi siano liberati e Gaza sia aiutata”, torna a implorare l’inascoltato Papa Francesco, rivolgendosi a un Medio Oriente nelle ore del sangue e della rabbia.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova