Se i treni non arrivano in orario neanche in Germania

In Germania, dove il pessimismo è di casa, si è parlato di “disastro ferroviario”. Il riferimento era alla puntualità dei treni, un mito teutonico che invece vacilla a causa del non invidiabile primato opposto da tempo raggiunto nelle pur moderne ferrovie: un treno su due in ritardo, in particolare quelli a lunga percorrenza. E da quelle parti viaggiare sui binari è costoso, oltretutto.

Chissà se il nostro ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, citerà la sorprendete realtà tedesca per consolarsi di quella italiana. Dove anche ieri si sono registrati grandi ritardi e gravi disagi per i passeggeri lungo la rete, anche se il male originario che ha generato il caos con l’inevitabile effetto domino pare si sia riscontrato a Milano per un guasto alla linea elettrica.

Se c’è un patrimonio realmente nazionale, oltre al Colosseo, Venezia, il David di Michelangelo, il Cristo Velato e la grande bellezza in cui siamo immersi in Italia, è proprio quello delle ferrovie, che rappresentano la prosecuzione delle nostre vite attraverso i binari. Si può non prendere mai la patente per guidare un’auto, ma è impossibile non salire prima o poi su un treno. Specie treno regionale per l’esercito dei pendolari, il più sofferente e alla mercé delle quotidiane peripezie.

Perciò, non attenzione, bensì devozione un ministro dei Trasporti deve profondere per le ferrovie, che di tutti i mezzi per muoversi è il più popolare. Devozione totale, come una fede.

Probabilmente è questa la ragione inconfessabile delle accuse -in gran parte politiche o pretestuose: non è certo Salvini ad aver tagliato nottetempo la corrente a Milano-, che gli vengono mosse.

Si vorrebbe che il primo dei molti tweet dedicati ogni giorno da Salvini all’universo fosse rivolto sempre, quasi una laica preghiera del mattino, a raccontarci delle “Fs”, come gli italiani impararono a identificare con familiarità il loro andirivieni lungo il Belpaese e oltre.

A buona scusante del ministro c’è da dire che i notevoli investimenti in questo settore grazie al Pnrr-salvaci-tu (7 miliardi e mezzo di euro a oggi utilizzati soprattutto per l’alta velocità sui quasi 25 assegnati), sono in gran parte da “lavori in corso”. E che perciò da utenti non ne vediamo la fine e possiamo pure comprendere che sviluppo e potenziamenti programmati per il futuro incidano su arrivi e partenze nel presente.

Il piccolo disagio è contemplato, le ore di ritardo, no. Sacrificarsi oggi perché tutto funzioni meglio domani, sì. Ma il sacrificio dev’essere a sua volta limitato e programmato: non si può lasciare la gente in attesa spesso senza spiegazioni né previsioni sui treni in ritardo o cancellati.

E’ vero: Salvini i problemi “li ha ereditati”, come i leghisti difendono il loro ministro dagli attacchi delle opposizioni. Guasti, carenze, scioperi non regolati e ora -per fortuna- tanti cantieri: problemi di sempre.

Però oggi il Capotreno è lui, e lo è da più di due anni. Va bene investire, specie sulla sicurezza e sui collegamenti ovunque. Ma senza intanto lasciare a piedi nessuno da qui alla prossima fermata.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova