Sarà l’inizio di una svolta o solo un contentino che non cambierà il Far West dei social? Contestata per le falle scoperte in tema di riservatezza, la piattaforma Facebook prova a passare al contrattacco all’insegna di nuove regole. La principale delle quali, nell’evidente tentativo di allinearsi al regolamento europeo per la protezione dei dati personali che entrerà in vigore il 25 maggio, riguarda i minori di quindici anni: d’ora in poi dovranno chiedere il permesso dei genitori per compiere “specifiche azioni su Fb”, come annunciato.
In pratica, finché i ragazzini non avranno ottenuto il consenso di mamma e papà, potranno utilizzare solo una parte delle funzionalità offerte dal sistema. Inoltre, si prevede una più accurata informazione per tutti gli utenti, per esempio la notifica se qualcuno sta usando una foto che non è sua. Dunque, nuove garanzie per il riconoscimento facciale, per la rimozione di dati sensibili e per veicolare pubblicità.
Non è difficile cogliere l’intento di voltare pagina dopo lo scandalo Cambridge Analytica, ossia l’accusa da parte delle più alte istituzioni nord-americane dell’utilizzo scorretto di una valanga di dati personali a fini politico-elettorali negli Stati Uniti e in Gran Bretagna.
Ma basteranno queste mosse a scacchiera per rasserenare i circa due miliardi di cittadini della più grande comunità digitale? E soprattutto: chi potrà garantire che il meccanismo promesso contribuirà a quel rispetto della sfera privata, che è l’anima della libertà?
Il rischio è di socchiudere la stalla dopo che i buoi hanno fatto il giro del mondo. Già lo strumento di per sé si presta all’impossibile e, per molti versi, impensabile controllo, perché è fatto apposta per consentire a chiunque di comunicare senza censure o cesure. Ma le restrizioni mirate diventano un pannicello caldo, e facilmente aggirabile, oltretutto, se non rispecchiano quei principi davvero “sensibili” di grandi e condivise regole sempre necessarie per consentire alla libertà di esprimersi senza sconfinare nell’anarchia.
Un tempo, quando l’ideologia pareva l’unica bussola, si diceva: il privato è politico. Oggi tutti sanno che il privato è privato. Ma anche nell’epoca in cui tutto sembra ridursi a pura immagine e fragile apparenza, i legislatori e, a maggior ragione Fb, hanno il dovere di tutelare la libera identità di ciascuno e di tutti. Un compito universale, che forse non può essere delegato solo a mamma e papà.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi