Solo a giudicare dalla reazione di Ursula von der Leyen, la presidente della Commissione Ue che ha subito annunciato il ritiro della proposta di regolamento per dimezzare l’uso dei pesticidi, si può comprendere quanto sia giusta la protesta degli agricoltori. I quali, peraltro, non hanno alcuna intenzione di riportare i trattori sui campi, facendoli, invece, sfilare ancora sulle strade d’Italia e d’Europa, perché il malessere dell’intera e troppo a lungo snobbata categoria è profondo almeno quanto i terreni curati con diligenza e sacrificio.
D’altra parte, non può essere casuale che nessun partito di maggioranza né di opposizione si sia messo di traverso alla rivolta tesa non già a sollecitare privilegi che l’Europa unita e il mondo libero non possono tollerare, bensì a sollecitare la parità di condizioni e la gradualità nell’arrivare a quel “modello di agricoltura più sostenibile” -parole dell’Ursula in retromarcia- a cui chi ama davvero l’ambiente, e perciò per primi i contadini che nell’ambiente vivono, lavorano e consegnano al mondo una quantità e qualità di prodotti formidabili, non possono né debbono rinunciare.
Dunque, la tanto citata transizione ecologica è aspirazione buona e giusta. Ma dev’essere raggiunta in tempi ragionevoli, senza la concorrenza sleale di Paesi con cui l’Ue stipula accordi con requisiti meno stringenti in confronto a quelli destinati ai suoi stessi agricoltori, e con incentivi per incoraggiare un ambiente alla mercé dei cambiamenti climatici: se non piove o se, al contrario, arriva l’inondazione, il comune cittadino ha un disagio momentaneo. Il contadino rischia l’intero anno di duro lavoro.
Sì, dobbiamo avere un’attenzione speciale per questo mondo che sfama il mondo, e del quale percepiamo l’importanza solo quando siamo a tavola (a proposito: il “made in Italy” non deve essere insidiato dai “cibi sintetici”, altra denuncia dei rivoltosi contro la demagogia alimentare).
Inutile sottolineare l’“interesse nazionale” di questo settore strategico, e che ogni altro settore coinvolge, dall’industria al turismo.
E’ un settore che è già stato penalizzato dall’aumento dei costi dell’energia e dei fertilizzanti, come di nuovo l’Ursula della nostra Europa ha riconosciuto. Basta, quindi, con le speculazioni pseudo-liberiste che in realtà non aprono frontiere commerciali né economiche, e che in compenso puniscono gente e generazioni che sanno come avere un sano rapporto con la natura e i suoi doni. E si smetta con le teorie bizzarre (pietoso eufemismo) dell’Ue, stile il dare più soldi a chi lascia i terreni incolti. Si pensi alle imbarazzanti “quote-latte” del passato, ai meccanismi cervellotici che hanno colpito la raccolta di frutta e verdura. Quanti casi di arance e limoni buttati al macero in Italia. Un delitto contro l’umanità, letteralmente.
Proteggere la nostra filiera alimentare è un dovere di Stato, e coincide con l’interesse europeo.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova