Anche nella lontana Georgia, che non è il più conosciuto Stato degli Stati Uniti, bensì la nazione tra Europa e Asia sorta nel 1991 dalla dissoluzione dell’Unione sovietica, si rispecchia la crisi del nuovo mondo. Il mondo che oscilla tra Oriente e Occidente, tra guerre in Ucraina e in Medio Oriente, tra un atlantismo rinato per forza di necessità -contrastare l’aggressione militare della Russia a Kiev-, e le “strane alleanze” ispirate dall’aggressore per bisogno. Cominciando dalle intese con la sempre più enigmatica, eppur insidiosa Cina.
Il mondo sottosopra assiste, così, alle controverse elezioni nella Georgia che s’affaccia sul Mar Nero, dove la plateale divisione geopolitica di visioni e interessi molto diversi che caratterizza il nostro tempo, è diventata concreta e insanabile contrapposizione.
Di qua il partito filorusso al potere da una dozzina d’anni, “Sogno georgiano”, che rivendica d’aver vinto col 54% dei consensi. Di là il fronte europeista che si sarebbe fermato al 40%, ma che parla di “furto del voto” ed esorta i cittadini alla piazza, come da appello dell’ex presidente Mikheil Saakashvili dal carcere.
Una durissima reazione e una aperta denuncia avallate dalle rilevazioni che sono state compiute all’uscita dei seggi da istituti indipendenti, e che attribuivano alle quattro forze europeiste d’opposizione un esito intorno al 52%. Sondaggi, peraltro, accompagnati dalle testimonianze degli osservatori internazionali dell’Ocse, dell’Ue e della Nato. I quali parlano di un voto “viziato da disuguaglianze tra candidati, pressioni e tensioni”. Dunque, secondo le accuse pure da soggetti “terzi” il risultato sarebbe falsificato da brogli, violenze, impossibilità di un’espressione libera e segreta per tutti. Un diritto che il voto elettronico, contrariamente a quanto affermano i presunti vincitori, che ne sottolineano il tecnicismo difficile da scalfire, non avrebbe affatto assicurato. Anche l’Ue vuole vederci chiaro, annunciando l’inserimento delle “irregolarità in Georgia” all’ordine del giorno già del prossimo vertice a Budapest l’8 novembre.
“Non consentiremo a nessuno di rubare il futuro europeo della Georgia”, attaccano le opposizioni, denunciando la “guerra ibrida della Russia in queste elezioni” e annunciando che non entreranno mai in un Parlamento illegittimo.
Per questo e altri popoli un tempo oppressi nell’Urss il traguardo europeo significa aspirazione a una libertà senza ritorno, protetta da una democrazia non a sovranità limitata e suggellata all’insegna della pace, che non è solo il contrario della guerra. E’ il rispetto per la persona e i suoi diritti.
Si sogna un europeismo che va al di là persino dei consolidati principi e comuni valori degli europei. Perché in Georgia, come in Moldavia o ben più tragicamente in Ucraina, il punto non è più archiviare un passato che non passa. Il punto è costruirsi un futuro totalmente diverso dall’ancora ingombrante presente.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova