Per due conflitti che continuano senza fine in Ucraina e in Medio Oriente, un altro si apre nel Mar Rosso, trasformando quel ponte marittimo e commerciale spalancato verso l’universo nell’ennesimo scenario di guerra fra mondo libero e movimenti che praticano terrorismo come prosecuzione della politica con altri mezzi.
Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, alla guida di una mini-coalizione che vede impegnati anche Australia, Canada, Bahrein e i Paesi Bassi, hanno colpito nello Yemen le basi degli Houthi, l’agguerrita e bene armata milizia filo-iraniana che da settimane lanciava missili e droni contro le navi mercantili, dopo aver preso a bersaglio con decine di attacchi anche le basi Usa nell’area. Un Paese, gli Stati Uniti, che gli Houthi considerano il nemico principale, al pari di Israele.
Nei fatti s’apre un capitolo parallelo alla guerra che Hamas ha scatenato il 7 ottobre contro lo Stato ebraico. Col dominio esercitato in modo violento su una parte del Mar Rosso, e che ha costretto molte compagnie a rinunciare a quella rotta, gli Houthi hanno intanto raggiunto tre obiettivi: affossare il diritto internazionale alla libertà di navigazione, riaffermare un loro ruolo nell’area e interpretare una sorta di “guerra per procura”, ossia per conto dell’Iran contro Israele e l’America.
Tuttavia, gli Houthi non possono essere considerati alla stregua di pur temibili, ma isolati pirati, essendo diventati, negli ultimi anni, la più importante forza militare dello Yemen, di cui controllano ampie zone del Paese, capitale compresa, e non poche istituzioni. Da ciò si spiega la dura risposta anglo-americana, condotta con aerei da caccia e con missili, che mira a indebolire questo gruppo islamista sciita sul versante del Mar Rosso: basta fare da padroni armati del transito mondiale.
La risposta “legale e proporzionata”, come la definiscono a Londra, punta anche a lanciare un pesante monito all’Iran dietro le quinte.
E l’Europa? Per ora sta a guardare. Ma garantire la libertà di transito delle navi è interesse anche dell’Ue. Da Palazzo Chigi sostengono che l’Italia è impegnata perché si rispetti tale principio, e per mantenere bassa la altissima tensione sul Mar Rosso. Ma il governo, a cui finora non è stato richiesto di intervenire, non è detto che potrà, al pari degli europei, restare solo alla finestra. Già sapendo che, qualunque decisione dovesse essere presa, dovrà risultare in sintonia con gli alleati occidentali e col volere del Parlamento.
Certo è che la sicurezza via mare tra Oriente e Occidente è decisiva per l’Europa. E anche le minacce (“pagherete un prezzo pesante”, dicono gli Houthi a chi li ha bombardati), contribuiscono a destabilizzare i già fragili equilibri geo-politici, tormentati da conflitti finora irrisolvibili.
Come per l’Ucraina e per il Medio Oriente, anche la crisi sul Mar Rosso rivela l’urgenza di una politica estera e di difesa in comune ai 27 dell’Ue.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova