Da una parte s’agita una manina oscura. Luigi Di Maio l’accusa d’aver stravolto, a sua insaputa, il decreto fiscale. Dall’altra, s’alza la mano di chiara marca della Commissione europea che firma una lettera durissima, destinatario il nostro governo: il bilancio italiano presentato all’esame dell’Unione, “è una deviazione senza precedenti nella storia del Patto di stabilità”.
Tra il gesto invisibile denunciato da Di Maio e il monito arrivato nero su bianco dall’Europa si consuma, in contemporanea, un doppio braccio di ferro. Il primo è tra Di Maio e Matteo Salvini, che risponde al sospettoso alleato negando qualsiasi giallo nell’elaborazione del decreto fiscale, e precisando che tale provvedimento non si deve toccare più. Neppure con un nuovo Consiglio dei ministri richiesto, invece, da Di Maio e accordato, per domani, dal premier Giuseppe Conte. “Non ci andremo”, già polemizzano i ministri leghisti. Ma poi ci ripensano. “Non ci sono regie occulte, invasione degli alieni oppure scie chimiche”, ironizza il leader della Lega sui timori di Di Maio. Che paventa un dietro le quinte fatto di scudi fiscali per i capitali dall’estero e di non punibilità per gli evasori. Qualcosa che contrasterebbe con i principi proclamati dai Cinque Stelle (e anche dalla Lega, peraltro). Qualcosa che non capirebbero i molti italiani contrari a condonare i cattivi comportamenti di chi non rispetta la legge. Ma che, ciononostante, la politica ripropone in modo ricorrente.
Sullo sfondo del tira e molla casalingo va in scena la prova di forza tra Bruxelles e Roma. La Commissione vuole sapere chi pagherà le nuove misure a deficit, come spiega il commissario Pierre Moscovici in visita nella capitale e al Quirinale. E il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, s’appella al senso di responsabilità per chi fa politica.
Ce ne vorrà molta, di responsabilità, perché il governo venga a capo, più che delle manine nell’ombra, della diversità alla luce del sole fra la Lega e i Cinque Stelle in economia. Tutto si tiene, ma tassa piatta e reddito di cittadinanza non vanno proprio nella stessa direzione.
“La manovra non mette a rischio i conti, confidiamo nel dialogo”, dice il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, per spegnere i bollori di Bruxelles e del differenziale fra titoli italiani e tedeschi, che vola al massimo degli ultimi cinque anni.
Ma la questione esplosa nel governo non è economica: è politica.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi