Lo scandalo di Alexei Navalny, il principale oppositore di Putin “trovato morto” nel Gulag siberiano in cui l’avevano trasferito, rinchiuso e isolato, pone due questioni inequivocabili. Innanzitutto non occorre aspettare l’indagine di regime per capire che siamo di fronte a un purtroppo abituale, da quelle parti, omicidio di Stato. E poi il mondo libero deve trarre le conclusioni politiche da una così evidente e abietta circostanza. Per i governi dell’Occidente la fine di Navalny, in aggiunta, “ad abundantiam” alla guerra di Mosca scatenata contro l’Ucraina, diventa lo spartiacque fra chi sta con Putin e chi no. Com’è noto, l’Europa ha scelto il no, e da molto tempo.
Perciò, pretendere che anche il nostro governo non abbia tentennamenti al riguardo, e finora la linea atlantista riaffermata due anni fa dall’esecutivo-Draghi e confermata dall’esecutivo-Meloni non ha dato luogo a malintesi geo-politici, è una richiesta di interesse nazionale e di rilievo internazionale. Specie nell’anno, quest’anno, che vedrà l’Italia alla presidenza del G7 con la già annunciata e significativa presenza di Zelensky, il presidente dell’Ucraina aggredita, in collegamento.
Dunque, esigere chiarezza dalla Lega e dal suo leader e vicepresidente del Consiglio, Matteo Salvini, non è la solita polemica da cortile di casa. Anche prescindendo dalle posizioni politiche del pur recente passato (le foto di Salvini con la maglietta di Putin hanno fatto il giro del mondo), il secondo partito di governo deve spendere parole esplicite sull’eroe russo fatto fuori in Siberia. Di più: deve precisare che sta dalla parte giusta, cioè dalla parte italo-europea di chi dice “no” a Putin.
Dall’opposizione Carlo Calenda (Azione) sfida Salvini a dimostrare che ha disdetto l’accordo politico sottoscritto dalla Lega con Russia Unita -partito nazionalista e putinista- nel 2017 e tacitamente rinnovato nel 2022. Non è un caso che alla manifestazione felicemente unitaria di Roma a cui hanno preso parte tutte le forze politiche in onore di Navalny, gli unici fischi siano stati riservati al leghista Massimiliano Romeo. Perché c’è un’ambiguità di fondo da tutti percepita, e che è frutto delle azioni e delle dichiarazioni imbarazzanti da parte di esponenti del Carroccio. Perfino in queste ore sulla morte del dissidente russo. A cominciare proprio da Salvini, che ha detto: tocca ai medici e ai giudici stabilire che cosa sia accaduto con l’oppositore. Forse pensa che Navalny sia morto per un raffreddore?
Chiarezza s’impone, inoltre, in vista del voto europeo di fine maggio. Anche gli elettori hanno diritto di sapere chi sta con chi. Perché poi vincitori e vinti si troveranno a contendersi e guidare l’Unione europea per i prossimi 5 anni.
Se già il timore di avere un ministro che non si schiera contro Putin è insopportabile nel governo italiano, diventa inconcepibile in un governo europeo.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova