Amano usare parole diverse, ma in fondo esprimono lo stesso concetto. L’”autosufficienza” equivale, a sinistra, al “ghe pensi mi” sul versante opposto di destra. E’ l’antico sogno dei leader di poter governare da sé, mentre in realtà quando arrivano a palazzo Chigi accade sempre il contrario: da Prodi a Berlusconi, dall’Ulivo al Polo, alla fine anche i presidenti del Consiglio più durevoli e forti di consenso elettorale sono stati costretti non solo a subire alleanze, ma anche a restare vittime di partitini (o partitoni: il Fini che rompe col Cavaliere), senza i quali mai avrebbero avuto maggioranze in Parlamento. Ora la storia sembra ripetersi, sia pure con nomi, programmi e soggetti politici nuovi, in particolare nel centro-sinistra. “Parlo con tutti, non mi fermo davanti a nessuno”, è la sfida di Matteo Renzi rivolta soprattutto ai suoi alleati, o ex alleati, dai quali non vuole farsi imbrigliare. E la circostanza che il leader del Pd riaffermi a Milano la centralità del suo partito proprio mentre a Roma Pisapia e Bersani lanciano “Insieme” per rilanciare battaglie progressiste a loro parere snobbate o tradite da Renzi, la dice lunga sui due cuori e le due capanne nel centro-sinistra. Ma è un duello, per quanto infuocato, senza futuro, oltre che con un incerto presente, come l’appena archiviato voto amministrativo (molto deludente per il Pd) testimonia. Se oggi prevalgono le ripicche politiche e personali di uomini che un tempo militavano sotto lo stesso tetto, le prossime elezioni indurranno i contendenti a deporre le armi per scegliere il male minore. Si voterà con un sistema in prevalenza proporzionale, che si riformi o probabilmente no la legge elettorale. E allora il vincitore dovrà decidere con chi mettersi d’accordo, e per fare che cosa. Se è prevedibile che a dare le carte saranno Renzi, Grillo e Berlusconi (anche se non si sa chi sarà il primo al tavolo di gioco, né quante carte avrà a sua disposizione), ciascuno di essi dovrà sfogliare il proprio album di famiglia, prima di cedere alla tentazione di collaborare col nemico.
E’ comprensibile che Renzi non abbia nostalgia dell’Unione, come ha ribadito. Pure Berlusconi non deve fare i salti di gioia al pensiero di trattare con Salvini e la Meloni. Ma quando sarà il momento -primavera prossima, come ha chiarito il Quirinale-, l’”autosufficienza” non sarà sufficiente per nessuno dei tre.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi