Embargo o non embargo, questo è il problema. L’Europa prende tempo sul sesto pacchetto di sanzioni contro Putin, che dovrebbe includere la decisione di limitare l’importazione di petrolio da Mosca. La riunione dei 27 ambasciatori dell’Ue resta convocata per domani, ma non è detto che il testo per inasprire le misure contro la Russia sarà all’ordine del giorno. Si parla di altre consultazioni in vista fra la Commissione europea e i governi prima di fare la scelta auspicata a gran voce dall’Ucraina. Una scelta, tuttavia, ancora insufficiente per il presidente Zelensky, che invoca il blocco totale delle importazioni russe in Europa -dunque compreso il gas, che ne rappresenta il 45 per cento- quale arma economica per indebolire la fonte principale del finanziamento della guerra.
Non siamo a un ripensamento. Ma il possibile slittamento di una decisione che, oltretutto, avrà un impatto graduale, cioè di mesi prima di ottenere risultati, rivela le divisioni su un tema strategico: l’energia.
E’ soprattutto la Germania a frenare, avendo l’anno scorso importato un terzo del proprio fabbisogno petrolifero dalla Russia. Ed essendo la nazione maggiormente dipendente da Mosca per il gas. Più ancora dell’Italia, che nel 2021 ha importato il 38,2 per cento dell’occorrente.
Ma Paese che vai, esigenza che trovi. Il possibile blocco del combustibile nucleare di Mosca avrebbe contraccolpi in particolare per le nazioni dell’Est. Così come l’esclusione di altre banche russe dal sistema internazionale di pagamento Swift e nuove misure per limitare viaggi e attività russe in Europa avrebbero effetti diversi a seconda della nazione. Si pensi, per esempio, al già crollato turismo russo in Italia. Un mercato che prima del Covid registrava la presenza di 1,7 milioni di visitatori nel solo 2019.
E’ chiaro che ogni interesse nazionale debba essere ben valutato e, nel caso di danni economici a causa delle sanzioni, compensato con un apposito fondo europeo. Niente misure-boomerang per nessuno.
Tuttavia, è la visione d’insieme quel che fa la forza dell’Europa. L’energia, come la difesa, la politica estera e la tecnologia, è la prova che l’Ue ha preso coscienza di sé, come testimonia anche la riconferma dell’europeista Macron in Francia.
Sulle sanzioni l’Ue non può tentennare, proprio ora che sta scoprendo l’importanza della sua unità e il declino dell’euroscetticismo.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi