Quando, come e dove colpire: non scelgono mai di uccidere per caso. Sparare agli innocenti al mercatino di Natale, e farlo a Strasburgo che è la capitale parlamentare d’Europa, è solo l’ultima e brutale scelta di un terrorismo in letargo, cioè ancora vivo. Perché di terrorismo, secondo i primi accertamenti e le prime dichiarazioni delle istituzioni, si tratterebbe. In attesa delle conferme definitive, solo le luci di Natale sembrano davvero accese, perché i riflettori sui violenti -tre attentati in Francia negli ultimi diciotto mesi- si sono abbassati o spenti da tempo. In molti, non solo a Parigi, s’erano forse convinti, o meglio, illusi che il grande crimine contro l’Occidente fosse ormai sconfitto. Ma l’odio si nutre anche dell’oblio. Il fanatismo armato non rinuncia a farsi sentire proprio quando gli altri meno se l’aspettano.
Già in passato questa città dei simboli, la Strasburgo oggi ferita, era stata presa di mira dagli attentatori proprio nei giorni belli e spensierati, e per i credenti pieni di significato, delle bancarelle natalizie che fanno sognare. Nel novembre di due anni fa un commando di sette persone fu fermato giusto in tempo dalle forze speciali della polizia francese. In precedenza era stata smantellata una rete jihadista e i suoi adepti -sempre sette-, furono condannati a svariati anni di carcere. Persino nel 2000, ossia già diciotto anni fa, il mercatino di Natale era stato indicato come possibile bersaglio di un attentato da parte di algerini a loro volta arrestati e condannati. Progettavano di mettere una bomba davanti alla Cattedrale. Niente, dunque, avveniva e avviene senza calcolo. L’ossessione per Strasburgo, per l’aria di Natale, per l’allegria di chi vive con il piacere di vivere. Anche frequentando un innocuo e tradizionale mercatino.
Stavolta l’attacco al cuore illuminato di Strasburgo sarebbe opera di un terrorista poi fuggito, ma conosciuto dalle forze di polizia per il suo pericoloso radicalismo. Una caccia all’uomo che ha ammazzato, secondo le prime ricostruzioni, almeno due persone, ferendone undici. E inducendo le autorità a chiudere l’Europarlamento, che è il simbolo della democrazia continentale: altro effetto inquietante del clima di terrore, quello di vedere il presidente Antonio Tajani quasi asserragliato -pur nell’interesse della sicurezza sua e di quanti sono con lui presenti-, proprio nel luogo che più dovrebbe essere spalancato ai cittadini.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi