Riecco Ursula al vertice della Commissione europea

Se al Consiglio europeo Giorgia Meloni s’era astenuta sulla riconferma di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione, al Parlamento europeo chiamato alla ratifica i suoi deputati hanno votato contro. Ciononostante, com’era già accaduto per Roberta Metsola rieletta al vertice dell’Europarlamento, Ursula von der Leyen ce l’ha fatta con 401 voti a favore e 284 no.

Ma che cos’è successo in meno di un mese, e in mezzo a trattative palesi e riservate, per indurre la presidente del Consiglio a passare dalla benevola attesa alla decisa opposizione?

Per capirlo, è sufficiente aver ascoltato l’intervento di Ursula, che in inglese, francese e tedesco ha spiegato che cosa significa per gli europei stare dalla parte giusta della Storia. Ma l’ha fatto, aprendo la sua maggioranza non già ai conservatori, come sperava la Meloni, bensì nella direzione opposta: ai Verdi. Anche se per la destra -non per quella radicale alla Le Pen e al suo gruppo “Patrioti” includente la Lega-, risulta comunque arduo non ritrovarsi nell’Europa delineata da Ursula con convinzione. Un’Europa che non cede a Putin. Contro l’ungherese e filo-putiniano Orbán, von der Leyen ha usato con indignazione l’espressione “appeasement”, resa famosa da Churchill contro quelli che all’epoca si mostravano acquiescenti alle pretese di Hitler.

Un’Europa che dà vita a una “vera e propria Unione della difesa”, ha promesso. Un’Europa competitiva per non perdere il passo con gli Stati Uniti e con la Cina. Un’Europa che nei primi 100 giorni intende rilanciare il piano per l’industria pulita, ossia quel “green deal” che mette insieme clima ed energia, ambiente e prosperità. “Difenderemo l’Europa dagli estremismi”, ha detto la riconfermata presidente.

Che pur avendo indicato l’immigrazione e il Mediterraneo come temi prioritari, e il dovere di proteggere i confini europei -cioè questioni care a Fratelli d’Italia-, nel perimetro della sua coalizione di centrosinistra non ha dato spazio alla destra, come invece sperava e spingeva Antonio Tajani (Forza Italia). Al contrario, sono stati i Verdi ad aver neutralizzato coi loro voti decisivi i temuti e rispuntati franchi tiratori.

E così gli eurodeputati di due dei tre partiti di governo (Fratelli e Lega) hanno votato contro il governo europeo. “Ma il rapporto con la Commissione non è compromesso”, assicura la Meloni, che rivendica la sua coerenza nella scelta del no.

Adesso dovrà fare i conti con la presidente rieletta per ottenere il commissario di peso e la vicepresidenza esecutiva richiesti come riconoscimento al grande ruolo dell’Italia. Anche se dall’opposizione Schlein e Conte accusano la presidente del Consiglio di “totale irrilevanza”.

Dunque, nella trattativa istituzionale non dovranno finire le scorie ideologiche del voto europarlamentare. La vera trattativa tra Ursula e Meloni comincia adesso, sganciata dalle ripicche politiche che l’hanno indebolita.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova