Fortunato è il Paese in cui la gente, tanta e festosa gente come la manifestazione al Circo Massimo ha dimostrato sabato scorso, manifesta per la famiglia. Vuol dire che si comprende il valore di questa secolare istituzione, d’antica e italianissima tradizione. L’amore che un padre e una madre sanno sempre coltivare per i figli qualunque cosa succeda, l’affetto e la solidarietà che sorelle e fratelli, ma anche cugini, zii e soprattutto nonni sanno assicurare nei momenti belli oppure bui della vita di ciascuno di noi, sono radice feconda di generazione in generazione. La famiglia è l’unica ricchezza dei popoli che nessun potere potrà mai depredare. E’ la spina dorsale di uno Stato che pur la ignora. Altrimenti le istituzioni sarebbero intervenute da tempo per affrontare la calamità della denatalità in Italia (1,2 figli per coppia). Per detassare sul serio i nuclei con più bambini o per incoraggiare quelli appena costituiti. Per costruire una rete di asili-nido che consenta alle madri di fare le madri senza rinunciare o avvilire il proprio lavoro. Investire nella famiglia dovrebbe essere la priorità dei governi e dei partiti. Ma proprio perché è indiscutibile che la famiglia siamo noi, non si può non vedere come essa sia cambiata nel corso del tempo. Fermo restando il dovere di valorizzare tale insostituibile istituto, non si può disconoscere l’esigenza altrettanto importante delle coppie dello stesso sesso che reclamano diritti. Coppie che si vogliono bene con la stessa libertà e lealtà. Che sanno trasmettere amore ai figli e ai familiari. Che sono cittadini e contribuenti italiani. Niente la famiglia della grande tradizione può perdere, se il legislatore trova il modo sensato e giusto per garantire alle coppie omosessuali il diritto a non sentirsi più stranieri in patria. Per stabilire come risolvere la questione, molto complessa, dei bambini di queste coppie. Il cui interesse a vivere felici deve prevalere su qualunque altra considerazione. Ma nessuno, purtroppo, ha la bacchetta magica: come tirare su i bambini possono saperlo soprattutto o soltanto coloro che lo fanno in coppia e con amore ogni giorno della loro vita. Ecco perché bisogna imparare a rispettare le piazze. Non sono retrogradi i manifestanti di sabato, non erano trasgressivi quelli che sette giorni fa gridavano “sveglia, Italia!”. Il Parlamento, che è la casa degli italiani, adesso dica: ho ascoltato tutti. Ma deciderò io solo.
Pubblicato su L’Arena di Verona