Se inglesi e francesi sono riusciti a mettersi d’accordo per fare un tunnel sotto la Manica con la parte sottomarina più lunga al mondo (ben trentanove chilometri di galleria ferroviaria), figurarsi se l’ingegneria italiana, autentica eccellenza impegnata in quasi tutte le grandi opere del pianeta, non sarebbe in grado di costruire un ponte sullo Stretto: un capolavoro, l’unico a una sola campata dell’universo. E poi il ponte è il simbolo di apertura, della capacità di tendere la mano, “ponti e non muri” reclama sempre Papa Francesco.
Perché, allora, quando il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, rilancia a sorpresa questo sogno che accomuna ingegneri, filosofi e perfino Papi una parte degli italiani, anche quelli aperti di testa e di cuore, storce subito il naso? Intanto, perché è da 140 anni che la politica promette d’unire la Sicilia al resto d’Italia e poi non lo fa. Poi perché Renzi, a differenza dell’impetuoso Berlusconi del quale pur sta riproponendo l’idea tale e quale, compresi i “centomila posti di lavoro”, era tiepido sull’opera. Infine per la curiosa coincidenza: Virginia Raggi, sindaco pentastellato di Roma, ha appena affondato un altro grande sogno, quello delle Olimpiadi e guardacaso lui, il premier fiorentino, risponde pan per focaccia, ovvero Ponte contro Giochi. Quanti sospetti, dunque, che la proposta di Renzi, lungi dall’essere la naturale aspirazione di un popolo che ama osare e sa farlo al meglio, sia o possa diventare solo un richiamo elettorale alla vigilia del referendum. Solo una mossa nella guerra fra i moderni guelfi e ghibellini di casa nostra, più aspra persino delle antipatie fra inglesi e francesi superate nel 1994 con l’inaugurazione del tunnel sotto la Manica.
Insomma, Renzi ci crede o ci fa? Ha sposato la causa perché sta portando a casa la Salerno-Reggio Calabria dopo decenni di ritardo, e perciò può ora rivendicare il coronamento della rete a Messina? Oppure è propaganda? Comprendere se è essenza o apparenza, è fondamentale anche per affrontare vecchie polemiche, come il rischio terremoti in quell’area (rischio superato da ponti e tecnologie all’avanguardia in altre e analoghe parti della Terra). E poi l’insidia di appalti in balìa dei mafiosi. Dovrà essere garantito il controllo dell’Autorità anti-corruzione con poteri da pugno di ferro. Alla fine il punto sul ponte è che possa crollare solo sotto un mare di parole.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi