Molto si può dire dopo l’inatteso “no” del Senato (la stessa Giunta competente del caso aveva proposto il “sì”) alla richiesta di arresto per l’appena salvato Antonio Azzollini del Ncd. Arresti domiciliari, peraltro, non la nuda e cruda galera. Ma almeno due cose oggi appaiono incontrovertibili. La prima, di sicuro quella che più lascia esterrefatti i comuni mortali, è il trattamento privilegiato ancora una volta riservato a un parlamentare per il solo fatto d’essere parlamentare. Un cittadino qualsiasi accusato per lo stesso e grave reato di associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta a quest’ora sarebbe da tempo dietro le sbarre (neppure “detenuto” nella comoda poltrona di casa). E’ fondamentale che un eletto del popolo goda di garanzie particolari per evitare il rischio del “fumus persecutionis” a danno della sovranità democratica, cioè che un onorevole sia ingiustamente perseguitato per le sue idee o attività politica. Ma anche ricordando che sempre deve valere la presunzione di innocenza e che ogni vicenda penale va esaminata a sé, tale garanzia costituzionale non può trasformarsi in uno scudo della e per la casta. La seconda considerazione è l’”effetto che fa” l’analogia evidente, anche nel tono, fra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi sul tema della giustizia. “I senatori non sono passacarte delle Procure”, ha commentato l’attuale presidente del Consiglio, ricordano che la libertà delle persone non è roba da bar sport. E’ vero, i legislatori non dovrebbero mai prendere a scatola chiusa ciò che altri poteri propongono. Così com’è vero che Renzi, al pari di Berlusconi, non è mai stato un “giustizialista”. Al contrario e anche di recente ha rivendicato un pensiero garantista per principio e non per convenienza. Ma per chi guarda le cose da fuori, questo Palazzo cambia presidenti e maggioranze però, nell’ora della verità, mai si smentisce: gli amici e gli alleati hanno sempre un trattamento diverso rispetto a quello dedicato ai nemici e oppositori. Più garantisti dei garantisti per opportunità politica, più che per timore di “fumus persecutionis” (“fumo” che, se soffia contro l’avversario di turno, magari interessa un po’ meno). Matteo e Silvio, atteggiamento simile, pur con una rilevante differenza. Nel caso di Berlusconi spesso le contese riguardavano lui medesimo, mentre Renzi non è neppure membro del Senato. Garantisti diversi, garantisti paralleli.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi