Pensavano e soprattutto speravano che il dramma dei migranti fosse un affare interno italiano o, al massimo, anche greco: roba da mediterranei. Credevano che, elargendo un po’ di soldi, le nostre autorità si sarebbero accontentate di quelle miserabili briciole. E dicevano: paghiamo e collaboriamo anche con le navi, per carità. Ma non un solo straniero salvato dal mare, assistito a terra o trasportato in volo finisca nei nostri Paesi. Tuttavia, la realtà è ostinata, e prima o poi s’incarica di smentire l’ottusa miopia di chi non vuol vedere, sentire e meno che mai parlare di quelle migliaia di persone, in particolare profughi, pronti a rischiare la vita propria e dei propri familiari pur di ripararsi nella vecchia ma ancora attraente Europa.
Ma l’aggiungi un posto a tavola, purché non sia la tavola di casa mia, sta barcollando sotto gli occhi delle telecamere e dell’ormai impotente polizia macedone, che non può più usare i manganelli, come purtroppo ha usato, per proteggere i suoi confini dal passaggio di un esercito di disperati verso la Serbia e ovunque. Due o trecento persone alla volta, specialmente anziani, donne e bambini provenienti dalla Siria, ma anche dall’Iraq e dal Pakistan. Gente affamata che si muove per sopravvivere, non certo spinta dalla volontà di “invadere” né “rubare il lavoro” a chicchessia. La via Balcanica dei fatti, non le opinioni a vanvera di Bruxelles. Ora anche l’Europa a trazione tedesca ed egoismo britannico, adesso anche i perplessi spagnoli e gli spigolosi francesi capiscono -grazie a quel che sta succedendo nella piccola Macedonia- che il grido di dolore dell’Italia non era un capriccio della nazione che per prima stava vivendo sulla sua pelle e sulle sue coste la tragedia degli sbarchi. E che ancora la vive, come testimonia il salvataggio di altre cinquemila persone provenienti dalla Libia nelle ultime ore. “Viva l’Italia!”, ringraziava così questa povera gente. L’evidenza conferma che avevamo ragione noi, quando chiedevamo ai ventotto Paesi dell’Unione di condividere lo sforzo di solidarietà. Perché soltanto dividendo i migranti fra tutti l’emergenza può essere affrontata con umanità e rigore per chi arriva e per chi accoglie. Soltanto unita nella solidarietà l’Europa può prepararsi a far fronte all’esodo -perché di esodo si tratta- dei prossimi mesi e anni. E’ chiaro che mai si potrà consolare tutto il dolore del mondo. Ma lenirne l’attuale fase acuta, significa porre le premesse per la ricetta politica del futuro: che fare nel tempo per aiutare i migranti a non emigrare, per punire i criminali che li sfruttano nei traffici, per integrare le quote ragionevoli di persone che ogni nazione può integrare. Qui Macedonia, avamposto dell’Europa che non voleva vedere.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi