Si chiamano Lulu e Nana, con nomi facili da ricordare ma di fantasia, le prime gemelle al mondo nate in Cina col dna modificato. L’evento risalirebbe a un mese fa. A darne la notizia è un genetista di Shenzhen, He Jiankui. Costui avrebbe applicato una variante alla tecnica da taglia-incolla del dna nota con la sigla inglese di Crispr. Si tratterebbe di un intervento proibito negli Stati Uniti e in buona parte dei Paesi occidentali più avanzati nella ricerca.
L’esperimento, perché di questo si tratta, non trova, però, al momento conferme autorevoli né indipendenti rispetto al clamoroso annuncio dato dal genetista cinese con un video su YouTube. Scelta al passo coi tempi, ma a sua volta anomala: per essere creduta e credibile, la scienza non comunica mai le sue rivoluzioni alla stampa prima che esse siano state rese pubbliche su riviste degne di attendibilità, cioè rivolte a un pubblico di competenti capaci di giudicare e contraddire.
Ma perché sarebbe stato riscritto il codice genetico di Lulu e Nana? Per consentire alle due sorelline di meglio resistere a future infezioni da virus Hiv, cioè il responsabile dell’Aids, secondo le spiegazioni del coordinatore dell’esperimento e rivendicatore “social” dell’iniziativa.
In attesa di accertare come sono andate le cose, le parole del genetista cinese stanno infiammando il mondo della ricerca e non solo. Mai come in questo caso si comprende perché la genetica non sia appannaggio della scienza solamente, ma anche della politica. Che è chiamata a legiferare con ben maggiore rigore e coscienza per tracciare il confine tra la ricerca al servizio della vita e la vita alla mercé di una ricerca senza scrupoli e pericolosamente onnipotente.
Non è questione etica o religiosa. Semplicemente Frankenstein, il bel mostro (bello si fa per dire) da temere al cinema, non abita sul pianeta Terra. Ed è meglio che resti un personaggio immaginario.
Nessuno è in grado di capire gli effetti delle mutazioni genetiche degli embrioni umani: le stesse Lulu e Nana staranno meglio o peggio, domani? E’ proprio l’imprevedibilità che ha indotto governi ed esseri pensanti a bandire tecniche tracotanti e disumane. Non tutto quel che si può fare è lecito. Almeno finché le persone avranno la contezza che la cosa più “divina” che possiedono, quaggiù, è la loro stessa vita. E non si baratta al bazar di sperimentazioni lontane dalla genetica vera, che è la ricerca libera, ma regolata per esclusivo amore dell’umanità.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi