Non era la misura principale della manovra, ma ne rappresentava un segnale di cambiamento che il governo-Meloni rivendicava: cancellare le sanzioni per gli esercenti che si rifiutano di accettare pagamenti elettronici sotto i 60 euro. In sostanza, la riscoperta dei contanti, che finora era stata sempre scoraggiata dai governi in successione con obblighi per i commercianti di accogliere il bancomat o le carte di credito.
A questa novità per i pagamenti più piccoli, ma quotidiani, s’aggiunge il contestuale innalzamento dagli attuali 2 mila a 5 mila euro del possibile utilizzo di banconote e spiccioli per transazioni a partire dal nuovo anno. Un limite nuovo che, senza quest’intervento, dal 1° gennaio si sarebbe invece abbassato a 1.000 euro, e che nel frattempo il Consiglio dell’Ue ha deciso di portare a 10 mila come tetto massimo per tutti i Paesi.
Ma la Commissione europea aveva criticato soprattutto la prima delle due norme perché -diceva-, l’eventuale soglia dei 60 si discosta dalle raccomandazioni contro l’evasione fiscale e dagli obiettivi di rilancio previsti dal Piano nazionale di ripresa. Impegni che il precedente governo di Mario Draghi aveva confermato.
Adesso Giorgia Meloni annuncia il ripensamento: se non c’è intesa con l’Ue su questa disposizione, “ci inventeremo un altro modo per non far pagare agli esercenti le commissioni bancarie sui piccoli pagamenti”.
Dunque, il governo dovrebbe far saltare la controversa innovazione dalla legge di bilancio e inserire crediti d’imposta.
Certo è che il mondo va sempre più verso l’abitudine al pagamento digitale per ragioni di sicurezza, trasparenza e rapidità. L’Ue ci ricorda che c’è anche un’altra buona ragione: gli impegni già presi dall’Italia.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi