E’ difficile trovare un segno e un sogno di civiltà più importante del vaccino. Frutto della sapiente e paziente ricerca dei più diversi scienziati e medici del mondo, specialmente negli ultimi cent’anni, questa somministrazione di immunità permanente di massa -cioè a beneficio di intere popolazioni d’ogni latitudine-, ha permesso di sradicare epidemie che in altri e non lontani tempi hanno decimato l’umanità. Non più tardi del 1980 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha potuto dichiarare scomparso dalla faccia della Terra il vaiolo, malattia infettiva che, al solo pronunciarne il nome, terrorizzava generazioni di cittadini per secoli indifesi.
Di tutte le rivoluzioni immaginate, quella della realizzata vaccinazione è di gran lunga la più democratica e felice: ha salvato le vite di tutti “senza distinzioni di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali” (articolo 3 della Costituzione) e ha allungato l’aspettativa di vita come mai era accaduto nella storia. Battere il virus è stata la più grande speranza politica che si è trasformata nella più grande conquista di salute alla portata di tutti.
Dunque, constatare che in Italia esista una zoccolo duro, seppur ampiamente minoritario, dei soprannominati “no vax”, e che certe supposizioni o superstizioni siano tenute in considerazione anche ad alti livelli politici alla pari di chi al tema dei vaccini ha dedicato anni di studio e spesso la vita intera, è come dar credito ai creduloni della “Terra piatta” o degli astronauti mai volati sulla luna. Ma qui, sui vaccini, c’è poco da scherzare o sorridere, perché chi li rifiuta per pregiudizio o per ignoranza -proprio nel senso di non conoscenza della questione-, alla fine rischia solo di far male a se stesso e agli altri. Purtroppo la bimba di dieci anni che a Verona prende il tetano ed è ora ricoverata in rianimazione perché cadendo si è sbucciata il ginocchio, e non era vaccinata per volere dei genitori, è solo l’ultima, amara conferma.
Tornare indietro sui vaccini è come tornare al Medioevo. Eppure, in questo mondo alla rovescia la maggioranza politica s’è più volte divisa -la solita divisione fra Lega e Cinquestelle- sull’obbligo oppure no delle certificazioni per andare a scuola. Sulle sanzioni o no per i genitori che violano la legge. Sul quando e come le Regioni debbono applicare un principio universale di civiltà. Una farsa che può diventare tragedia.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi