L’una chiude, l’altra rilancia. Eppure, sono le due facce della stessa rivoluzione industriale, che negli Stati Uniti può portare alla fine di un colosso di giocattoli, mentre in Germania può disegnare un futuro nuovo ed elettrico per una delle principali case automobilistiche.
La triste notizia arriva dalla famosa catena di negozi Toys “R” Us, che ha appena annunciato la sua liquidazione, almeno negli Usa, dopo settant’anni di attività a beneficio dei bambini e delle famiglie (oltre che dei trentatremila dipendenti, ora a rischio di licenziamento).
E’ successo, come spiega un’addolorata nota aziendale, che i negozi, ben 735 sul territorio nordamericano, non riescano più a tenere il passo della concorrenza con le vendite di giocattoli tramite internet. Le vetrine a colori sono state soppiantate dall’abitudine sempre più diffusa dell’acquisto on line. Curiosamente, proprio nelle stesse ore la Volkswagen a sua volta annunciava che, nei prossimi quattro anni, saranno aperte sedici fabbriche esclusivamente dedicate a produrre auto a zero emissioni. I veicoli elettrici come svolta di un mondo che cambia: e guai a non prendere l’ultimo treno verso il domani che già bussa alla porta del tempo. Un nuovo mezzo a batteria per accompagnare l’evoluzione forse più profonda, certamente più rapida, degli ultimi decenni, tecnologica e digitale insieme. La rivoluzione informatica ha dato la scossa e il progresso deve mettere il turbo per accontentare le nuove sensibilità e le nuove esigenze delle società che non vogliono e non possono scendere da questo mondo in cammino a velocità supersonica.
Ma l’accelerazione, pur con tutti i limiti e i rischi della cultura visionaria che la esprime -e che l’appena scomparso astrofisico Stephen Hawking con la sua “teoria del tutto” ha mirabilmente indicato-, non è prerogativa da lasciare ai soli privati. Anche l’istituzione pubblica deve saper partecipare all’”eppur si muove” del mondo. Accompagnando le novità, vigilandole secondo le regole e le leggi che ci siamo dati, incoraggiandole nelle forme e con gli strumenti tipici di chi governa. Di chi deve governare capendo i grandi processi di trasformazione, lasciandoli sviluppare nella massima inventiva e libertà, tutelando sempre e solo l’interesse dei cittadini. Roma non può stare a guardare o contemplare con indifferenza quel che accade a Berlino o a New York. Chi si ferma, non è perduto: è fuori dal mondo.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi