Per riformare il “Patto di stabilità”, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha sollecitato “realismo” agli alleati europei. In particolare alla Germania, che ha il culto monoteista dei parametri.
Realismo -dice Giorgetti-, significa saper coniugare rigore e crescita. In sostanza, il rispetto di tutti i criteri in comune che disciplinano i bilanci degli Stati. Ma proprio per poter agire al meglio secondo le regole concordate su debiti e deficit, per il nostro governo è fondamentale anche dar vita a una nuova strategia europea sugli investimenti.
Eppure, nella corsa contro il tempo per rinnovare il Patto dei 27 Paesi Ue, e sul quale si è intanto registrato un piccolo passo in avanti con spiragli di apertura nel recente incontro di Berlino tra il cancelliere Olaf Scholz e la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, manca una variabile impossibile da ignorare: la guerra in Ucraina in tragico e ininterrotto corso dal 24 febbraio 2022, ma che è stata oscurata, oltre che per la sua durata (purtroppo ci si abitua anche alle guerre), dal conflitto in Medio Oriente scatenato il 7 ottobre con il massacro di Hamas in Israele. E poi la pesante reazione dell’esercito di Tel Aviv entrato a Gaza, che è stata sospesa in queste ore per lo scambio tra ostaggi israeliani e prigionieri palestinesi.
Ma nel frattempo Kiev è sparita sia dalle trattative, sia dai telegiornali. Tanto, che venerdì scorso la capitale dell’Ucraina ha subìto il più intenso attacco russo con droni dall’inizio dell’invasione, e tuttavia l’evento ha avuto scarso rilievo. Per la prima volta la contraerea ha dovuto colpire più di 70 bersagli. Quartieri rimasti senza elettricità, e altre, tante macerie.
Ma il silenzio sulla guerra non vuol dire che siano finiti i suoi effetti nefasti sulla popolazione, né i risvolti geopolitici e i contraccolpi economici per il resto del mondo. L’Unione europea ne ha già sperimentato le conseguenze negative sui mercati dell’energia e nei prezzi alimentari. Inevitabile è stato anche l’impatto sulla libera circolazione di merci e persone nell’ambito del trasporto, così come l’accoglienza che molti Paesi hanno dovuto istituire in fretta per i notevoli flussi di rifugiati ucraini.
Per far quadrare i suoi conti, allora, l’Europa non può non “calcolare” la guerra offuscata, né quella sospesa. L’elasticità politica richiesta per riformare il Patto è ancor più necessaria per far fronte agli effetti imprevisti e al già visto dall’Ucraina ieri invasa e oggi dimenticata.
Pubblicato su Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova