Per Rudolph Giuliani, già celebre sindaco di New York, il primo atto della sua “tolleranza zero” fu di punire non la grande corruzione, ma il piccolo illecito. Impedire reati minori e comportamenti inaccettabili –tipo quello di chi non pagava il biglietto del trasporto pubblico-, significava guadagnarsi la credibilità per colpire con forza l’evasore delinquente o il truffatore criminale. Legalità era dare l’esempio uguale per tutti: qui la legge si rispetta.
Per la società tedesca (ma lo stesso vale in buona parte d’Europa) basta che un ministro abbia copiato, trent’anni prima, qualche riga per la sua tesi di laurea per pretenderne e ottenerne le dimissioni. Se non lo facesse, infatti, rischierebbe d’arrossire ogni giorno, additato pubblicamente dai suoi cittadini come un falsario: e chi potrebbe mai fidarsi di un falsario al governo?
Da noi la sensibilità sociale, ma forse bisognerebbe dire etica nei confronti degli autori di piccole o grandi ruberie, specialmente se tali ruberie avvengono a danno dell’intera collettività, è meno intensa, per usare un caritatevole eufemismo. Lo conferma l’ennesima fotografia che la Guardia di Finanza ha scattato sul 2014, e che somiglia a tutti i ritratti precedenti: ottomila evasori totali, un terzo degli appalti pubblici assegnati in modo contrario alla legge, una cifra miliardaria in beni sequestrati per reati tributari e via elencando.
E’ chiaro che una parte di questo album della vergogna fra appalti irregolari, tangenti e sprechi dipenda dalla quantità spropositata di norme che dicono e si contraddicono: la selva oscura dove la corruzione si nasconde e s’alimenta. Ed è evidente che anche la qualità delle leggi sia insufficiente per arginare il fenomeno di chi sfrutta non solo la probabilità altissima di non essere mai scoperto, ma anche la certezza che, se scoperto fosse, andrebbe incontro a pene e condanne risibili. Tuttavia, dal mancato scontrino del negozietto fino al furto di Stato nei grandi appalti non si può incolpare solo, e di tutto, il pur distratto legislatore. Che da troppi anni condona, depenalizza, prescrive e s’inventa ogni cavillo per garantire l’imputato, anziché la vittima del reato con lo stesso zelo.
Purtroppo c’è un diffuso comportamento pubblico che neanche Mani pulite è riuscita a eliminare, e ventitré anni sono passati. Ma forse una piccola cosa la possiamo fare tutti noi: riscoprire il diritto/dovere di reclamare onestà in ogni ambito. Cambiare marcia per sradicare il marcio.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi