Si va verso una legislatura in cui nessuno può fare a meno di nessuno. Questo ha decretato il popolo sovrano sulla base di una legge elettorale che si è rivelata esattamente come si presentava: un gran pasticcio. Eppure, sette giorni dopo il voto, il forte appello alla “responsabilità”, lanciato già due volte dal presidente Mattarella, non fa ancora breccia fra i partiti alle prese con la politica dei muscoli. Ognuno tiene orgogliosamente il punto, come se i numeri in Parlamento fossero una variabile irrilevante della politica e del dovere costituzionale di dare un nuovo governo all’Italia. E così un dilaniato Partito Democratico ribadisce per bocca di Maurizio Martina, che fa le veci del dimissionario Renzi, la volontà di perseguire un’”opposizione responsabile”. Della serie: un governo se lo facciano i due vincitori Salvini e Di Maio. Sullo sfondo Renzi precisa che si è messo da parte ma che non molla. A sua volta l’altro Matteo e capo della Lega, il più votato nella coalizione di centrodestra, insiste nel voler presiedere – Quirinale permettendo – un esecutivo con tutti coloro che intendono realizzare il programma salviniano, “perché per questo gli elettori ci hanno votato, non per fare pastrocchi”. Diversa nei toni ma non nella sostanza la posizione di Di Maio, il quale da leader del partito che gli italiani hanno messo al primo posto chiede a chi ci sta una convergenza sui temi. Mentre per lo spodestato Berlusconi tale auspicata convergenza non potrebbe che avvenire fra il centrodestra e il Pd, magari benevolmente astenuto il giorno della fiducia all’esecutivo. In astratto, dunque, tutti sembrano possibilisti e pronti al dialogo. Ma in concreto nessuno recede dalla propria posizione in attesa di capire, col prossimo insediamento delle Camere, il 23 marzo, quali nuovi ancorché strani “equilibri” si determineranno per eleggere i presidenti dei due rami del Parlamento. Tuttavia il problema della governabilità e della maggioranza non è un capriccio istituzionale. A giorni, entro il 10 aprile per la precisione, dovrà essere presentato il Def, che indica la politica economica del governo. Con lo spettro, in caso di indecisione o di incertezza, di un possibile aumento dell’Iva, come paventano non solo le associazioni dei commercianti. Aumento che, a parole, tutti assicurano di voler scongiurare. E’ la dimostrazione che l’economia non può attendere né i calcoli della politica né il pallottoliere dei partiti con la conta di amici e nemici in Parlamento.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi