Due inchieste molto diverse fra loro -il caso Consip e la vicenda-Raggi- forse suggeriscono di parafrasare e capovolgere le note parole di Pascoli: c’è qualcosa di vecchio oggi nell’aria, anzi, di nuovo. Vecchio è il solito sistema che dalla prima Repubblica sembra passato indenne alla seconda e poi alla terza, in cui già ci troviamo, con i magistrati costretti a far luce su intrecci tra istituzioni e nomine (Raggi), fra manovre e personaggi a metà strada fra economia e politica (Consip). Ma nuova era l’ondata della rivendicata “discontinuità”. Un’ondata che aveva pure coniato un paio di neologismi: la rottamazione, ossia il pensionamento dell’antica e inamovibile classe dirigente ad opera del renzismo nel Pd e il grillismo, la civica novità dei Cinque Stelle che conquistavano amministrazioni del calibro di Roma e Torino. Sia nella maggioranza, sia nell’opposizione segni tangibili di un cambiamento possibile rispetto alle pratiche partitocratiche del passato. Un rinnovamento anche anagrafico e di linguaggio, da pane al pane e da tweet a tweet, specchio di una generazione che voleva archiviare per sempre l’inconcludenza e l’indecisionismo dei predecessori. Ma poi il Senato si è ieri spaccato sul complicato caso Consip, l’inchiesta nella quale sono stati tirati in ballo un imprenditore napoletano, il padre di Matteo Renzi e il ministro Luca Lotti (e il presidente del Consip, Luigi Ferrara, è indagato per false dichiarazioni ai pm). Nelle stesse ore ecco la notizia che Virginia Raggi, sindaco della capitale, rischia il rinvio a giudizio per abuso d’ufficio per la nomina di Salvatore Romeo a capo della segreteria politica e per falso in relazione alla direzione del turismo in Campidoglio a Renato Marra. Naturalmente, sarà l’eventuale processo ad accertare la verità. Ma in questo pantano rischiano intanto di naufragare le speranze. Anche perché per farsi un’opinione sugli esperimenti “nuovisti”, basta girare per Roma. Il degrado è incommentabile, e sarebbe peraltro ingeneroso attribuirlo alla Raggi, poiché l’incuria viene da lontano. Ma ciò chiarito, dopo un anno dall’insediamento si fatica a cogliere anche un piccolo segnale di radicale diversità. Come far riparare l’impressionante quantità di buche per strada. In fondo dai nuovi politici nessuno pretende azioni da Superman, ma una dedizione competente ai problemi concreti che angustiano la vita della gente. Più tempo per le buche e meno per le nomine.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi