Ma come si fa? Come si fa ad accettare che l’antica e maestosa città di Catania abbia accumulato un debito di un miliardo e seicento milioni di euro, primo grande Comune della Penisola a dichiarare dissesto finanziario? E come si fa ad accettare che a Roma, la capitale d’Italia, le istituzioni si siano ridotte a dover suggerire ai cittadini di “chiudere le finestre” per non respirare l’aria sgradevole -terzo giorno!- provocata dalla nube nera d’immondizia per l’incendio scoppiato in un vecchio impianto adibito ai rifiuti? Impianto che da otto anni era messo sott’accusa dai residenti del quartiere.
A fronte di tanti e valenti esempi di italiani virtuosi che da Nord a Sud intraprendono con rettitudine e tirano la cinghia con rigore -per questo non fanno mai notizia-, ecco il solito “contro-Paese” che dilapida. Ecco che devono arrivare i commissari prefettizi per affrontare il disastro che mette a rischio anche gli stipendi comunali, a Catania. E l’amara impressione che ricavano i cittadini è che, alla fine, cambierà comunque poco: paga sempre Pantalone.
Davanti a un’Italia che crea e produce, si manifesta l’incapacità tutta politica di costruire un termovalorizzatore per risolvere il problema della spazzatura come lo si è risolto in tutto il mondo sensato amministrato da destre o da sinistre. Invece la capitale non segue con convinzione il passo dell’innovazione tecnologica che trasforma la “monnezza” in ricchezza in tante parti d’Italia e d’Europa. E’ in balìa delle preghiere al Dio Vento, affinché aiuti a disperdere in fretta l’odore, la nausea e la rivolta dei suoi stessi ed esasperati cittadini. Già anni fa era stato calcolato (l’ex presidente del Consiglio, Renzi, l’ha ricordato l’altra sera in tv) che l’effetto dei fuochi d’artificio in aria per Capodanno a Napoli -o in altro luogo della stessa e popolare tradizione-, inquini l’equivalente a quanto producono 120 termovalorizzatori in un anno. Eppure, gli inceneritori sono un tabù che fa litigare gli alleati di governo Lega e Cinque Stelle, quest’ultimi contrari.
Purtroppo non sono solo l’immondizia o le voragini finanziarie a lasciare sbigottiti. In questo meraviglioso Paese, qualsiasi opera, grande o piccina che sia, si trasforma sempre in uno scontro non sul valore pratico e funzionale della medesima, ma sull’ideologismo da barricata. E intanto Roma brucia senza neppure il suono della lira di Nerone in sottofondo a consolarla.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi