Tutto come previsto, o quasi. Gli appelli al voto di Romano Prodi e Walter Veltroni, le file incoraggianti ai gazebo (un milione e ottocentomila cittadini, secondo gli organizzatori) anche se lontane dai tempi d’oro, e soprattutto il vincitore annunciato, Nicola Zingaretti, il governatore del Lazio. Sarà lui il nuovo segretario del Pd: con circa il 67 per cento dei consensi ha superato la soglia del 50, e questo non era scontato.
Con le primarie di ieri, dunque, il principale partito d’opposizione manda definitivamente in archivio l’era-Renzi e comincia la sua lunga marcia. Che sarà presto sottoposta, alle europee di maggio, al primo giudizio elettorale.
Ma la novità non è che abbia avuto la meglio, e di gran lunga, il candidato favorito rispetto a Maurizio Martina (18 per cento), già segretario reggente, e Roberto Giachetti (12 per cento), il più propenso dei tre a difendere la precedente leadership renziana.
Nuovo è stato, invece, il clima politico delle ultime ore con le rassicuranti dichiarazioni di Renzi (“vittoria netta, basta fuoco amico”) e l’impegno dei tre aspiranti a perseguire quell’unità di intenti che è fondamentale per il rilancio del loro partito. Uniti, sembra, anche nel proposito di non prospettare accordi coi Cinque Stelle. Al cui elettorato, tuttavia, il Pd dovrà rivolgersi nella speranza di recuperare un po’ di voti da tempo “in libera uscita”. E Zingaretti, che era sostenuto da buona parte della vecchia e nuova guardia (da Prodi a Letta, da Gentiloni a Minniti, ma pure dall’ex sindaco di Milano, Pisapia), è proprio il teorico del “dovere morale ed etico di parlare con gli elettori pentastellati”. Un partito popolare, antidoto al populismo.
Ma non sarà facile il nuovo inizio. Per il “Pd del cambiamento” -come l’ha evocato lo stesso Zingaretti-, la scommessa è saper cogliere le paure e i bisogni degli italiani, offrendo loro un’opzione diversa.
Per esempio sulla voglia di sicurezza della società, che troppe volte la sinistra ha demonizzato come propaganda leghista, ma che una forza riformista ed europeista dovrebbe, invece, saper affrontare in modo diverso: sicurezza accompagnata, e non anteposta, alla solidarietà. In confronto alla maggioranza gialloverde il Pd dovrebbe indicare anche in economia un’altra via per la crescita, per lo sviluppo sostenibile e le grandi opere, per creare lavoro e maggiori opportunità per tutti.
“Viva la democrazia italiana”, dice il vincitore Zingaretti. Ma per lui la sfida è appena cominciata.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi