Basta che non entrino a casa mia. Lo scaricabarile ha unito l’Europa sui migranti. “Respingimenti”, ora chiede Horst Seehofer, il ministro dell’Interno che tiene sotto scacco la Merkel. Ha già detto che i rifugiati in Germania finiranno ad Atene e -previo accordo- a Roma.
Nel dubbio l’Austria di Sebastian Kurz prepara le barricate al Brennero: non sia mai che dai Paesi del Sud qualche migrante osi tentare la rotta verso i Paesi del Nord. Ma quanti saranno i temerari invasori contro i quali Vienna ha forgiato piani, mobilitato divisioni e fatto simulazioni? A maggio sono stati due, a giugno nessuno.
Sempre più drastici, poi, i controlli dei francesi ai loro confini. In questa caccia europea all’immigrato, si prodigano pure in territorio italiano. “Non siamo una nazione di prima accoglienza”, ha rivendicato, fiero, il presidente Emmanuel Macron.
Quanto alle nazioni che, senza tante parole, le barriere già hanno costruito, come l’Ungheria di Viktor Orbán, teorico massimo, per loro l’esodo africano non esiste. E’ un problema che riguarda gli altri Paesi.
In questa psicosi da “si salvi chi può”, anche il nostro ministro Matteo Salvini chiede, con una circolare ai prefetti, una stretta sui permessi ai richiedenti asilo, “ma donne incinta e bambini restano”, ha precisato. Salvini restringe le maglie “per evitare gli abusi”, dice alle opposizioni, che contestano la linea governativa dell’essere forti coi deboli.
Ma siamo in emergenza-sbarchi? Stando ai dati del Viminale, nei primi sei mesi dell’anno gli arrivi sono diminuiti dell’ottanta per cento rispetto all’anno scorso. A fronte degli oltre 85 mila migranti giunti in Italia nel 2017, a oggi se ne registrano quasi 17 mila. Un fenomeno in forte calo anche grazie alle intese con le autorità libiche sul controllo delle loro coste, da cui partivano e partono sette immigrati su dieci.
Ma il punto non è la statistica. Le drammatiche condizioni in buona parte dell’Africa continueranno a incoraggiare generazioni di giovani a rischiare un destino europeo. Accadrà a lungo: è il segno di un’epoca. Se l’Europa non saprà gestire questo processo storico all’insegna dei suoi valori, che sono la solidarietà e l’equità condivisa per dare un futuro a un numero oggi tanto esiguo di migranti, finirà per subirne le conseguenze. Se Bruxelles spera di cavarsela coi muri, finirà per non vedere, e perciò non poter regolare in tempo, l’assedio di umanità che preme alle sue frontiere.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi