Non sono stati cent’anni di solitudine. Il secolo di vita che il Liceo Classico di Merano si appresta a celebrare il prossimo mese di maggio, sabato 20, riassume la storia stessa della città sempre in cammino.
Da quando fu istituito con regio-decreto del 1923 a oggi, più di 1.400 studenti si sono diplomati fra quei banchi. Da lì proviene una parte rilevante della classe dirigente meranese, ex o attuale, e a ogni livello pubblico e privato. Molti degli allievi si sono affermati non solo fra le rive del Passirio, ma anche in ambito nazionale e all’estero.
Il Liceo è stata una fucina di amministratori comunali e di talenti, di professori e di sportivi, di artisti e professionisti, di alti esponenti delle Istituzioni. Ma anche di ragazze e ragazzi che si sono innamorati e hanno condiviso un’esistenza. Di amici e compagni di classe per sempre. Una catena di amore, di affetti e di saperi intimamente legata a Merano.
In barba al ruolo decisivo e costruttivo che ha rappresentato per la seconda, ma sotto il profilo della convivenza più feconda città dell’Alto Adige, negli anni il Liceo ha subìto due torti.
Il primo è stato lo sfratto dal luogo storico e naturale in cui sorgeva nel pieno centro di Merano. In tempi successivi anche il Lyzeum, che col Liceo condivideva lo stesso edificio di via delle Corse dove oggi c’è la biblioteca, sarebbe stato colpito dalla stessa espulsione. A conferma del fatto che, quando la politica è ottusa, lo è in tutte le lingue.
Buttato fuori da casa sua, eppure il torto maggiore è un altro: il Liceo Classico di Merano è stato privato del nome che ha unito generazioni di studenti e insegnanti per novant’anni, Liceo Classico “Giosuè Carducci”. Da una decina d’anni tale e così significativa istituzione è stata frullata, assieme ad altri cinque indirizzi di studio che a loro volta hanno perduto il proprio nome, sotto la denominazione onnicomprensiva di “Gandhi” presso lo School Village in via Wolf (per la precisione: “Istituto di Istruzione secondaria di II grado Gandhi”).
Dunque, il gruppo liceale che con encomiabile impegno sta preparando la celebrazione dei cent’anni del Classico sotto l’impulso e il coordinamento del preside (ma adesso bisogna chiamarlo “dirigente scolastico”) Riccardo Aliprandini, si troverà davanti a un paradosso: raccontare una memoria che è diventata futuro, ma che è rimasta anonima. Perché il Carducci esiste di fatto -l’indirizzo classico c’è ancora-, ma non più di nome. Celebreranno la vita di un fantasma.
E allora mi permetto, in qualità di uno dei 1.400 diplomati al Carducci, di proporre alle autorità competenti un piccolo, grande gesto per testimoniare il senso di un ricordo giusto e completo: ribattezzare l’Istituto di Istruzione Superiore come “Gandhi-Carducci”.
Sarebbe il modo concreto e corretto per riconoscere all’istituto più antico di lingua italiana a Merano il valore che si è meritato in cent’anni di lezioni. Senza per questo far ingelosire nessun altro e altrettanto importante indirizzo scolastico. Ma non è colpa di nessuno se il solo Carducci arriva al traguardo del secolo: è la semplice verità dei fatti. Quando al secolo arriveranno gli altri istituti, si troveranno forme di riconoscimento anche per la loro storia. Ma oggi tocca al Carducci.
La ridenominazione “Gandhi-Carducci” sarebbe, oltretutto, una formula nuova e inedita per raccogliere anche simbolicamente il presente onnicomprensivo (Gandhi) e la memoria più antica (Carducci), la pace e la poesia, il mondo e l’Italia. Aggiungo: se il doppio nome incontrasse difficoltà burocratiche (ma quali?), “Gandhi” può restare per tutti gli altri con la restituzione del “Carducci” al solo Liceo Classico. Non sarebbe alcun privilegio, ma solo il giusto riconoscimento all’unico indirizzo scolastico con cent’anni di vita ininterrotta e felice.
Non so a chi spetterà il primo e formale passo per ridare al Carducci il suo nome espunto, e per rimetterlo accanto al Gandhi o per conto suo al solo Liceo Classico.
Ma sono certo che le istituzioni scolastiche e politico-amministrative chiamate a decidere, non faticheranno a comprendere questa scelta e a realizzarla in modo condiviso. Anche come omaggio verso gli insegnanti e gli studenti che non ci sono più, e che al Carducci si sono formati.
La storia è una cosa seria e il rispetto per una tradizione di cui andare orgogliosi come liceali, ma soprattutto come meranesi, aiuta la città a crescere e le persone a ricordare da dove vengono, per andare lontano.
Pubblicato sul quotidiano Alto Adige