Ora che il centrodestra ha messo le carte in tavola -a Palazzo Chigi va il candidato del partito più votato nella coalizione-, s’annuncia una sfida vera per il 25 settembre: Giorgia Meloni versus Enrico Letta, destra contro sinistra, “il sole o la luna” come il leader del Pd ha liquidato ogni illusione di terze vie.
Dunque, rinasce il bipolarismo nell’eterno pantano della politica italiana. I due contendenti, che non potrebbero essere più distinti e distanti tra loro, sono però accomunati da un percorso convinto e lineare, oltre che dall’anagrafe di una nuova generazione: 45 anni per la leader di Fratelli d’Italia che potrebbe diventare la prima donna a guidare un governo, e 55 anni per il leader del Pd, che il presidente del Consiglio l’ha già fatto nel 2013 per quasi un anno.
Se la Meloni è rimasta ferma all’opposizione di tutti i tre governi della legislatura (ma dell’ultimo, quello di Draghi, ha sempre appoggiato la politica estera), Letta s’è dimostrato il più solido e leale sostenitore dell’ancora attuale capo dell’esecutivo. Strade diverse, anzi, opposte, ma posizioni coerenti che gli elettori potranno adesso giudicare.
Non è un caso il sottile e già in atto riconoscimento reciproco fra competitori. Prendendo spunto dall’ultima polemica sulle ombre russe attribuite a Salvini, ossia l’ipotesi di interferenze di Putin nella caduta di Draghi che fu determinata anche dalla Lega, Letta s’è così rivolto alla Meloni: “Chiediamo alla candidata premier del centrodestra se condivide di stare accanto a un partito che ha tramato per aiutare gli interessi della Russia”. Salvini parla di notizie false, e il sottosegretario Gabrielli smentisce che la fonte informativa sia italiana. Ma la Meloni precisa: “Saremo garanti, senza ambiguità, della collocazione italiana e dell’assoluto sostegno alla battaglia eroica del popolo ucraino”.
E’ il primo, importante botta e risposta del risorto bipolarismo.
Se la campagna elettorale non sarà avvelenata da insulti e faziosità, potremmo assistere a un lungo duello Meloni-Letta su temi decisivi, programmi concreti e una certa, seppur differente, idea dell’Italia.
E poi: se l’esito delle elezioni sarà incerto o molto equilibrato fra poli, toccherà proprio ai due sfidanti la responsabilità di un’intesa nazionale e di un eventuale ruolo per Draghi nell’interesse del Paese.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi