Ma Jannik Sinner è più forte degli invidiosi

Dei sette peccati capitali almeno tre (l’ira, l’accidia e l’invidia) hanno un risvolto anche sportivo. Riguardano quel mondo a metà tra lo sport e il bar sport che non perdona a Jannik Sinner d’essere il più forte tennista al mondo. Non basta: di questo passo e di questi colpi il ragazzo può diventare il più grande di sempre di tutto lo sport italiano. Scusate se è poco.

Ma torniamo ai peccati. Quello dell’ira è tipico di certi suoi colleghi, che non dormono la notte per la paura di prenderle e di perdere, quando incontreranno Jannik sul campo. Per ulteriori informazioni rivolgersi all’australiano Nick Kyrgios, che non sa più cosa inventarsi pur di provocare il campione sulle reti sociali.

Chi soffre di accidia, che è la negligente inazione, considera insopportabile il dinamismo sul terreno di gioco e l’intraprendenza nella sua pur giovane vita dimostrati dal nostro fuoriclasse. Per ulteriori informazioni si rileggano le cronache pigre e saccenti e i commenti annoiati su Sinner quando non era ancora Winner, il vincitore un tempo solo “annunciato”, ma da un anno, lo splendido 2024, riconosciuto e proclamato come tale.

Ma è il peccato dell’invidia quello che più mortifica, perché è un’invidia senza mezze misure. Invidia per la sua bravura, per la sua ricchezza sudata e perciò meritata, per la sua correttezza in campo e fuori, perché è proprio un “bravo ragazzo” di una bella famiglia e gli invidiosi detestano l’idea dell’esempio. Essi amano, al contrario, quel “beati i popoli che non hanno bisogno di eroi”, una pur famosa, ma colossale sciocchezza espressa da Bertolt Brecht (come tutti gli umani anche i grandi drammaturghi possono dire qualche grande fesseria).

Fino a ieri la folta tribù degli invidiosi prendeva di mira Montecarlo. C’è voluto un ministro, e proprio quello dello Sport, Andrea Abodi, per spiegare in una recente intervista che Jannik Sinner non fa niente di illegale a pagare le tasse all’estero, cioè dove vive da anni gran parte dell’anno. Aggiungendo che semmai toccherebbe al Parlamento approvare una legge per indurre i non pochi Sinner che risiedono a Montecarlo a pagare le imposte in Italia. Dunque, non è colpa di chi rispetta la legge per scelta di vita, ma del legislatore che non fa le leggi giuste per attrarre le racchette che fuggono. E poi: ben sette dei primi dieci tennisti al mondo si allenano, vivono e risiedono fiscalmente a Montecarlo. Ma nei loro Paesi nessuno si sogna di scagliarsi contro di loro.

L’autorevole chiarimento dovrebbe essere definitivo, ma non lo sarà, perché la tribù dell’invidia si comporta, guardando lo stellare Sinner e impuntandosi su Montecarlo, come nel noto proverbio cinese: “Quando il saggio ti mostra la luna, lo stolto guarda il dito”.

Tuttavia, la precisazione del ministro introduce l’ultima contestazione da ridere: il rapporto di Sinner con la Patria.

Quante parole al vento contro il suo presunto “scarso attaccamento” alla maglia azzurra, sol perché era stato costretto a rinunciare ai gironi della Coppa Davis nel 2023 (salvo aver poi contribuito in modo decisivo a riportarla in Italia dopo 47 anni) e a saltare l’Olimpiade nel 2024. Salvo scoprire la sofferenza che il ragazzo di appena 23 anni stava vivendo in silenzio e solitudine per la folle accusa d’essersi dopato. Vicenda, peraltro, ancora vergognosamente aperta: prima volta nella storia non solo sportiva del pianeta che si giudica una persona “per non aver commesso il fatto”, com’è stato documentalmente accertato e sentenziato.

Ma sull’italianità di Jannik parlano, di nuovo, i fatti, e non solo il canto dell’inno di Mameli -oltretutto per un ragazzo taciturno come lui- e il fraterno abbraccio prima e dopo le partite con i compagni della Nazionale che ha appena riconquistato la Davis.

E i fatti dicono, che mentre Jannik era a Malaga a battagliare per la sua e nostra Italia, il numero uno della Germania, che si chiama Alexander Zverev, ha preferito volare in vacanza. Senza di lui i tedeschi sono stati sconfitti in semifinale dagli olandesi. L’esausto Sinner dopo un anno di competizioni e di vittorie -comprese le tremende e fresche finali Atp vinte a Torino-, poteva invocare il diritto alla stanchezza e al riposo. Ma non l’ha fatto. Al contrario, ha portato ancora una volta il punto che mancava perché l’Italia confermasse d’essere in cima al mondo. Lui ha scelto Malaga, non le Maldive.

Beati i popoli che hanno la fortuna di poter contare su un bravo ragazzo, eroe di Sesto Pusteria, Italia.

Pubblicato sul quotidiano Alto Adige